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Moncalieri: reliquia del cuore di san Francesco di Sales al Monastero della Visitazione

Quest’anno ricorre il 4° centenario dalla morte di san Francesco di Sales. Per la particolare circostanza viene portata di Monastero in Monastero della Visitazione la reliquia del cuore di san Francesco di Sales. Arriverà al Monastero della Visitazione di Moncalieri  – Str. S. Vittoria, 15 – tel. 011/647.26.38 –  giovedì 16 giugno e ripartirà sabato 18 mattina.

Per l’occasione le Monache di Moncalieri invitano le religiose, i religiosi e le consacrate di Torino e provincia a partecipare giovedì 16 giugno alle ore 18.00 all’incontro di riflessione e di preghiera attorno al “cuore di san Francesco”.

Gli altri momenti celebrativi sono indicati nella locandina allegata.

 

I festeggiamenti di Maria Ausiliatrice – 24 maggio 2022

“Ricordatevi, dolcissima Vergine, che Voi siete mia Madre e che io sono vostro figlio […]”

Preghiera a Maria di S.Francesco di Sales

Nella giornata di ieri, martedì 24 maggio 2022, si sono svolti i festeggiamenti dedicati alla memoria di Maria Ausiliatrice. In particolare, nel cuore salesiano di Valdocco, presso la Basilica Maria Ausiliatrice, si sono tenute le tradizionali celebrazioni lungo tutto la giornata, fino alla processione per le strade di Torino gremite da numerosi fedeli che attendevano ormai da 3 anni questo evento così sentito e intriso di preghiera. Grazie ai social, le principali celebrazioni e la processione sono state visibili da tutti i 135 Paesi del mondo dove opera la Famiglia salesiana.

Un’occasione davvero speciale «per ringraziare la Nostra Madre che continua a fare miracoli», come ha affermato il Rettor Maggiore dei Salesiani, don Ángel Fernández Artime durante la giornata.

La S. Messa delle ore 8.30 è stata presieduta dall’Ispettore don Leonardo Mancini con la presenza di tutti i ragazzi e le ragazze delle scuole medie di Valdocco.

Alle ore 11.00 la S. Messa è stata presieduta da Mons. Gabriele Mana, Vescovo emerito di Biella, alla presenza delle autorità civili.

Alle 18.30 invece, con tutti i giovani del Movimento Giovanile Salesiano, la celebrazione è stata presieduta dal Rettor Maggiore, il quale ha introdotto l’omelia con il messaggio ricevuto da Papa Francesco in occasione della festa:

La nostra assemblea radunata per questa Eucarestia nella quale celebriamo la solennità di Maria Ausiliatrice può contare oggi su una parola unica e speciale che ci dice:

Caro fratello, grazie per la tua email. Con queste righe vorrei unirmi spiritualmente alla celebrazione del prossimo 24 maggio nella Basilica di Maria Ausiliatrice; sarò spiritualmente unito a voi pregando per la Chiesa, per le famiglie, per gli anziani e per i giovani e per favore vi chiedo di pregare per me. A tutti i partecipanti a questa celebrazione invio la mia benedizione: che Gesù vi benedica e che la Vergine Santa vegli su di voi.

Fraternamente,
Francesco

Città del Vaticano – 20 maggio 2022

L’arcivescovo Mons. Cesare Nosiglia, che ha presieduto la processione, ha infine salutato tutti i presenti:

“Maria ci dia l’aiuto di cui tante famiglie, lavoratori, malati e sofferenti per la crescente povertà, tantissimi giovani in particolare e tanti profughi dalla guerra in Ucraina hanno bisogno”.

CNOS-FAP San Benigno: buffet per l’ordinazione episcopale del Vescovo di Torino

Nel pomeriggio di sabato 7 maggio 2022 si è tenuta, nel Duomo di Torino, l’ordinazione episcopale e inizio del ministero pastorale dell’Arcivescovo eletto di Torino e Vescovo eletto di Susa, S.E.R. mons. Roberto Repole.

Gli allievi del 3 anno del corso di cucina del CNOS-FAP di San Benigno, insieme ai loro formatori, hanno preparato e curato il buffet che ha concluso la festa dell’ordinazione, presenti 40 vescovi e molti sacerdoti della diocesi.

I loro compagni del 3 anno di Sala e Bar avevano invece curato il buffet indetto per salutare l’arcivescovo uscente mons. Cesare Nosiglia, presso l’uditorio del Santo Volto lo scorso Giovedì Santo.

Nella foto i ragazzi posano con mons. Roberto Repole.

 

Mons. Nosiglia lascia la guida della Diocesi incontrando giovani e poveri

Il 30 aprile 2022, presso il Santo Volto di Torino alle ore 19.00, Mons. Cesare Nosiglia concluderà il proprio servizio episcopale per l’Arcidiocesi di Torino con la celebrazione della Santa Messa e, a seguire, un momento conviviale nel foyer dell’Auditorium, animato dai giovani. Di seguito la notizia pubblicata sul sito della Diocesi con le informazioni necessarie per poter partecipare all’evento.

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Sabato 30 aprile 2022, al Santo Volto, alle ore 19, mons. Cesare Nosiglia concluderà il suo servizio episcopale nell’Arcidiocesi di Torino nel segno di due grandi priorità del suo cuore di pastore: i giovani e i poveri.

Prima della sua presa di possesso della Cattedra di San Massimo, venerdì 19 novembre 2010, mons. Nosiglia aveva iniziato il suo episcopato a Torino incontrando proprio i giovani, inaugurando con loro un lungo percorso di ascolto, di confronto e di promozione della Pastorale Giovanile. Parimenti, attraverso l’articolata esperienza dell’Agorà del Sociale, è stata costante l’attenzione alle complesse realtà delle povertà, del disagio sociale, del lavoro, delle migrazioni.

Questi mondi sono invitati a ritrovarsi il giorno del congedo, come segno di gratitudine e di affidamento al Signore, pregando ancora insieme con mons. Nosiglia.

La celebrazione eucaristica sarà animata dai giovani della Consulta Diocesana di Pastorale Giovanile, dal Grande Coro Hope e da diversi rappresenti dell’Area Sociale della Curia diocesana. Alle ore 20, dopo la S. Messa, si terrà un apericena con un momento di festa nel foyer dell’Auditorium, animato dai giovani.

ISCRIZIONE GRATUITA E OBBLIGATORIA entro il 27 aprile 2022 su www.upgtorino.it

 

Messa del crisma: omelia dell’arcivescovo Cesare Nosiglia

Nella giornata del giovedì Santo, il 14 aprile alle 9:30 nella chiesa del Santo Volto di Torino, si è tenuta la Messa del crisma presieduta da Mons. Cesare Nosiglia. In tale celebrazione il vescovo ha consacrato gli oli santi che saranno usati durante tutto l’anno liturgico.

Di seguito si riporta l’omelia della messa:

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Mons. Cesare Nosiglia.

1. E’ con viva riconoscenza al Signore che in questa solenne celebrazione vogliamo ricordare il nostro sacerdozio, dono gratuito che abbiamo ricevuto e fonte continua di grazia per noi, la nostra Chiesa e i fedeli. Che cosa c’è sulla terra di piu’ grande di questo dono e mistero del sacerdozio? Nel sacramento dell’Ordine, che ci è stato dato, si racchiude tanta potenza di grazia che viene da chiederci: perché proprio io, Signore, sono stato amato a tal punto da essere investito di una grazia così grande?  Quale è il motivo della tua scelta?

La risposta di Dio è la stessa del salmo: “Io ti ho trovato  mio servo, ti ho consacrato con il mio santo olio, la mia mano è il tuo sostegno e il mio braccio è la tua forza”. Sì, Dio è stato ed è la nostra forza ed il sostegno sempre e in ogni momento.

Oggi vogliamo riconoscere tutto questo come atto di gratuità assoluta  di Colui che ci ha liberato dai nostri peccati con il suo sangue e ha fatto di noi un regno di sacerdote per il suo Dio e Padre. Se questo rendimento di grazia vale per ciascuno  vale ancora di piu’ per me dopo un ampio e fecondo ministero sacerdotale che il signore mi ha donato   Mi rendo sempre piu’ conto della grazia che Lui mi ha fatto chiamandomi tra voi ad essere vescovo, padre ed amico. L’incontro con voi presbiteri nelle unita pastorali, nella visita pastorale e in tante altre occasioni nelle parrocchie è stato un’esperienza ricca di fraternità e di comunione vera e sincera. Ho visto con i miei occhi la vostra fiduciosa disponibilità e generosità e soprattutto la serenità, malgrado anche tante condizioni di vita difficili, di solitudine, di precaria salute a volte, di incomprensione da parte di  alcune persone. Mi ha stupito il vostro spirito di obbedienza al vescovo e di rispetto ed accoglienza con cui mi avete ascoltato.

Parlandovi cuore a cuore oggi sento di dovervi esprimere la mia profonda ammirazione e riconoscenza per quello che  avete rappresentato per  me e per la Diocesi e per tutto ciò che fate, giorno per giorno, nel faticoso e complesso lavoro apostolico.

Parafrasando il detto di Agostino, mi sento di dirvi che il mio intento è  stato quello di essere per voi vescovo e con voi sacerdote, dove quel “per” indicava il mio servizio  e il “con” indicava la mia piena partecipazione all’unico sacerdozio di Cristo, che tutti ci è unito a sé mediante il sacramento dell’Ordine e dunque con un vincolo strettissimo e di grazia incommensurabile. La tentazione individualistica si insinua sempre  nel tessuto umano, ecclesiale e pastorale e impedisce di realizzare i cinque verbi che Giovanni Paolo II ha indicato al “suo” presbiterio e che io ho fatto risuonare tra voi la prima volta che abbiamo celebrato  la messa : stare insieme, pregare insieme, decidere insieme, operare insieme e mangiare insieme.

2. Oggi voglio anche che facciamo nostre  le parole di Cristo nella sinagoga di Nazareth, perché di quello che egli attribuisce a se stesso, ci ha resi partecipi in quanto suoi presbiteri nella Chiesa. La certezza di essere stati consacrati con l’unzione dello Spirito e di essere stati mandati qualifica la nostra identità ed il ministero sacerdotale. Meno accentuiamo il ruolo e più invece la dimensione profondamente umana e spirituale del nostro rapporto reciproco e più avremo una risposta efficace anche sul piano della unità pastorale a cui pure dobbiamo tendere.

Dobbiamo guardaci molto dal permettere che il nostro sacerdozio, vissuto nel presbiterio, cessi di essere per noi la realtà piu’ importante ed essenziale da curare, proteggere, aiutare a crescere  come elemento unificante di tutto ciò che facciamo. Esso non deve mai diventare un fatto scontato  e supplementare rispetto all’agire pastorale. Questo comporta un costante lavoro su noi stessi e nella nostra vita interiore con una permanente formazione spirituale, pastorale e intellettuale.

Comunione e formazione, lo sappiamo bene, camminano insieme. E’ dunque necessario che come presbiteri sentiamo forte l’impegno a formarci insieme e con assiduità. Le iniziative diocesane non mancano, anche se non tutti le frequentavano secondo il programma stabilito. Sono certo tuttavia che in tutti c’è il desiderio di non restare privi di una solida formazione, oggi necessaria per comunicare e vivere il Vangelo in un mondo che cambia rapidamente e che, se non è compreso e gestito anche sul piano culturale, rischia di vanificare ogni sforzo pastorale. La formazione è ormai diventata una questione di coscienza per ogni vescovo e sacerdote.

Mi sono sempre chiesto  come predicavo, come facevo catechesi , come aiutavo i poveri, i senza dimora e gli operai privo di lavoro, come dirigevo le anime e questo mi sollecitava a confrontarmi con gli altri presbiteri, a studiare ed approfondire vie nuove di evangelizzazione e di preghiera. Tutto ciò però l’ho fatto per  vivere e far crescere il mio sacerdozio e dunque la mia unione a Cristo e alla Chiesa. Qui sta il proprium della  santità sacerdotale: l’unione a Cristo e alla Chiesa mediante l’unione  ai confratelli nell’unicum presbiterium diocesano.

Per questo ho cercato di coltivare in me stesso l’atteggiamento della fraternità sacerdotale, imparare l’arte del programmare e decidere insieme, vivere lo scambio delle esperienze, l’aiuto reciproco sul piano della carità e dell’amicizia, la pazienza di accoglierci gli uni gli altri nell’umiltà.. La spiritualità del presbitero diocesano infatti si caratterizza per un costante inserimento nel concreto vissuto della sua gente da cui sa trarre linfa e slancio di unità e di servizio.

Ho imparato con voi a lavorare insieme per rendere il nostro presbiterio un soggetto forte e di sostegno reciproco, garantendo così un effetto moltiplicatore anche delle nostre fatiche pastorali. Ci siamo impegnati di  mostrare ai fedeli l’unità di intenti, che ci guida ed aiuta a realizzare anche tra noi, quella comunione spesso così difficile nelle nostre comunità. Sono convinto che quando i presbiteri si amano, si stimano e si sostengono a vicenda sono una testimonianza persuasiva e raggiungono anche pastoralmente risultati straordinari. Il condividere insieme la passione apostolica e l’attuazione di vie convergenti di pastorale è “l’arma” più efficace per l’evangelizzazione.

Richiamo infine , in proposito un testo sintetico, ma preciso, della “Pastores dabo vobis”: che vi lascio come meta fondamentale della vostra vita sacerdotale: “Solamente un  presbitero, che abbia  sperimentato l’ascetica  della  comunione nel suo rapporto con  Dio,  con il proprio  Vescovo e con i  confratelli nel  presbiterato,  sarà capace  di instaurare  dei rapporti di carità, di  mutua comprensione e di dialogo con i fratelli  laici,  non già  dismettendo la propria peculiare identità ministeriale ma attualizzandola al massimo come  servizio  della comunione; potrà condurre  all’unità la molteplicità dei fedeli a lui affidati mediante un autentico discernimento nello  Spirito; e, infine sarà credibile testimone e annunziatore di Cristo  nella missione ed  esperto nell’arte del dialogo  con tutti  gli uomini”.

3.1 Il rapporto con il Vescovo.

Ogni presbitero sa bene quanto sia essenziale per il suo ministero mantenere e sviluppare un raccordo e dialogo di comunione e una costante fraternità spirituale e pastorale con il proprio vescovo. Allo stesso modo il vescovo è chiamato ad essere padre, fratello ed amico di ogni sacerdote. Considero l’incontro personale con ciascuno di voi essenziale per raggiungere questi obiettivi e pertanto dobbiamo aiutarci reciprocamente per renderlo effettivo e possibile sia da parte mia, visitandovi nelle vostre parrocchie o luoghi di ministero, sia da parte vostra, ricercando con spontaneità e semplicità le occasioni più propizie.

Un presbiterio così numeroso esige certamente delle persone che, insieme al vescovo, curino questo aspetto importante della vita del presbiterio. In primo luogo, il Vicario generale che ringrazio sentitamente per la sua costante opera di dialogo ed orientamento che svolge verso i sacerdoti e per il generoso e competente servizio in molti ambiti pastorali della vita della Diocesi. La sua esperienza ed il suo illuminato consiglio sono preziosi per me e per voi e mi rallegro della sincera stima di cui gode presso il presbiterio. Ringrazio anche quanti seguono con amore e generosità la formazione dei sacerdoti giovani, la formazione permanente del clero ed i sacerdoti anziani e malati. Un grazie particolare va al mio segretario, che svolge un’opera assidua e preziosa di raccordo tra me e voi per tutti gli appuntamenti e le necessità che riguardano il mio ministero nelle parrocchie e realtà ecclesiali.

Si tratta dunque di mediazioni necessarie ed indispensabili, ma non possono esaurire l’impegno reciproco di incontrarci personalmente. Ogni sacerdote deve poter accedere sempre ed in ogni momento direttamente al vescovo e non solo per sottoporgli eventuali problemi o richieste, ma anche per incontri informali di amicizia e di gioiosa fraternità. Sono in particolare i momenti, sempre delicati, dei cambiamenti, che esigono questo rapporto stretto e determinante tra il vescovo e ciascun presbitero.

Credo che se percorreremo con impegno e serenità questa via potremo realizzare quella carità pastorale che tanto sta a cuore a tutti noi e che rappresenta la meta più necessaria ed efficace del nostro presbiterio.

3.2 In questo clima di gioiosa fraternità ricordo anzitutto i confratelli malati e anziani, che rappresentano, come in  ogni famiglia, una risorsa ricca di grazia da accogliere con gioia e solidale amicizia. Non dimentichiamoci mai di loro e manifestiamo con fatti concreti la nostra vicinanza, andandoli a trovare spesso, mantenendoli, se possibile, inseriti nel presbiterio di vicariato o di parrocchia, offrendo loro segni di affetto e di riconoscenza.

Mi fa male al cuore quando vedo che qualche sacerdote anziano, che ha speso tanto in una comunità e lascia il ministero per limiti di età o di salute abbandona anche un proficuo rapporto con il presbiterio. La scadenza dei 75 anni è un momento difficile per tutti,  ma anche di umiltà, che produce molto frutto sia per la propria santità personale che per l’esempio di obbedienza che si offre ai fedeli. Tuttavia, credo che dovremo insieme esplorare vie e modalità piu’ ricche di umanità e di riconoscenza verso chi ha speso la vita per il Signore e la Chiesa e può ancora dare molto, se in salute, non solo sul piano dell’agire pastorale ma anche della presenza nel presbiterio, mediante adeguate forme di responsabilità, che usufruiscano ancora della sua preziosa esperienza e generoso impegno.

Se poi questi confratelli sono malati e sofferenti, è necessario, prima di ricorrere alle pur utili strutture di sostegno e di cura, tentare vie alternative, che non allontanino il prete dall’ambiente vitale del presbiterio del vicariato e dal territorio dove tanta gente lo stima e lo ama.

3.3 Dagli anziani ai presbiteri giovani. I primi anni di ministero necessitano di uno speciale accompagnamento spirituale e pastorale, ma anche paterno e fraterno, da parte del vescovo, dei sacerdoti responsabili della formazione e dei parroci e presbiteri di vicariato in cui sono inseriti.

Il carico di lavoro apostolico, a cui spesso sono sottoposti con la scusa che sono giovani, rischia di non permettere loro un graduale e sicuro inserimento nell’azione pastorale mantenendo spazi di autonomia e di libertà nel gestire il proprio tempo ed una regola di vita serena e meno affannata e frammentata. Non è solo questione di selezionarne i compiti, ma di creare un clima sereno, di dialogo e di accompagnamento fiducioso e fraterno nel presbiterio parrocchiale e di vicariato.

Ai presbiteri giovani raccomando poi di sviluppare, imponendoselo se necessario come dovere, un costante dialogo con il padre spirituale ed il vescovo e di curare  forme di unione amicale e gioiosa con i compagni di classe o di seminario.

3.4 Nella mia visita ai vicariati ho potuto constatare un clima sereno e fraterno tra voi presbiteri. Ringrazio il Signore per questo e ringrazio anche i vicari foranei, che lavorano molto per favorire l’unità tra tutti i presbiteri. Restano alcune zone d’ombra, che andranno illuminate dal nostro comune impegno. Si tratta di superare la solitudine, sia presbiterale che pastorale, di cui spesso ci lamentiamo, ma per cui non lavoriamo ancora abbastanza e con efficacia per superarla.

Sono molti i sacerdoti, che vivono da soli in canonica facendosi anche da mangiare. Anche se per molti questo fatto viene affrontato con serenità e senza eccessivi problemi, credo che non sia una scelta positiva. A lungo andare, rischia di pesare, e fortemente, sul carattere oltre che spesso anche sulla salute. Chiedo di ripensare questa situazione per ricercare forme di maggiore condivisione, anche per i pasti, tra sacerdoti delle parrocchie dello stesso vicariato o unità pastorale o comunque vicine sul territorio. Incontrarsi, anche solo per i pasti principali, con altri sacerdoti è un grande dono ed arricchimento personale e comunitario.

Questo potrebbe anche aiutare a superare l’altro aspetto della solitudine pastorale lamentata da molti sacerdoti. Il ministero del presbitero è un fatto eminentemente comunitario nel senso che egli agisce sempre insieme e per conto del vescovo e del presbiterio in cui è inserito. Tale fatto, chiaro sul piano teorico, diventa difficile su quello pratico di ogni giorno. Ci possono aiutare al riguardo il cammino e le scelte diocesane, che rappresentano l’alveo dentro cui muoversi e camminare insieme. Non si tratta solo di applicare con fedeltà gli orientamenti stabiliti, ma di mentalità e di stile pastorale che devono ricercare sempre l’unità e la comunione. Questo rende più efficace il nostro rapporto con i laici e le nostre comunità. Le vie “solitarie” sembrano, a volte, più immediatamente produttive ed efficaci, ma in realtà non producono frutto, perché sono prive di quella grazia particolare che è, appunto, la comunione, senza la quale battiamo l’aria, anche se lavoriamo giorno e notte, corriamo molto ma invano e senza mai raggiungere la meta sperata.

3.5 Un grave e primario impegno di tutto il presbiterio è quello delle vocazioni. E ciò non solo per evidenti ragioni di personale, ma prima ancora per aprirci al dono gratuito di Dio, che continua a chiamare là dove il terreno spirituale è fecondo e la santità dei suoi ministri manifesta la sua potenza nella debolezza.

Le vocazioni segnano la temperatura spirituale delle nostre comunità e ne manifestano il radicamento evangelico, ma segnano anche la nostra comunione presbiterale e ne testimoniano la sincerità e la profondità umana, spirituale, ecclesiale. Sacerdoti santi e un presbiterio santo non possono non suscitare vocazioni nel popolo di Dio. Parte dunque dal nostro rinnovamento spirituale la prima via della pastorale vocazionale e su questo si misura il nostro comune impegno a favorirne la crescita e lo  sviluppo. E’ difficile infatti che una vocazione al sacerdozio nasca senza un rapporto stretto con un sacerdote, senza contatti personalizzati con i ragazzi e giovani, senza amicizia e paziente accompagnamento spirituale. Se i ragazzi e giovani ci vedono sempre indaffarati per troppe cose, pronti allo scontento e al lamento, distanti dalla loro esperienza di vita, trascurati nella preghiera, come potranno essere attratti dal sacerdozio? Se invece sperimentano in noi la gioia e l’entusiasmo di essere ministri di Cristo, la generosità nel servizio alla Chiesa, la prontezza nel farsi carico delle situazioni spirituali, umane e familiari della gente, soprattutto dei poveri, malati e sofferenti, saranno spinti ad interrogarsi se non possa questa essere anche per loro la via migliore da seguire  nella vita.

A questo aggiungo anche un ultima annotazione: l’amore per il Seminario, che si esprime in molti modi, anche concreti, dalla visita insieme ai ragazzi, alla Giornata diocesana svolta con cura e forte animazione, alle missioni promosse dai seminaristi, al sostegno anche finanziario, all’affectus che ogni sacerdote manifesta nel parlare del seminario alle famiglie, ai ragazzi e giovani, alla sua comunità.

3.6 Un’altra consegna che vi faccio, e rivolgo anche a me stesso, è il ricordo costante dei sacerdoti membri del nostro presbiterio, che svolgono il loro ministero nei paesi missionari.

La nostra Diocesi ha fatto uno sforzo notevole negli anni scorsi per avviare e mantenere questa frontiera avanzata sul terreno della evangelizzazione del mondo e di comunione con le Chiese sorelle di tanti Paesi missionari. Si tratta di un tesoro prezioso, che non va disperso, e per questo ringrazio quanti tra voi si rendono disponibili a mantenere vivo il flusso di invii sia in sostituzione dei confratelli che tornano sia per potenziare quelli che restano. E’ necessario tuttavia che questa scelta sia condivisa e sentita come fattore di grazia e di crescita nella comunione missionaria di tutto il presbiterio. Questi confratelli non vanno a titolo personale, ma inviati dalla Chiesa e dal vescovo e dunque anche dal presbiterio. Ricordarli, andarli a trovare, mantenere un contatto e soprattutto quando tornano usufruire della ricchezza di esperienza missionaria di cui sono portatori, rappresentano fattori importanti di cui tutti dobbiamo farci carico con serietà e fiducia.

In quest’ora, così carica di significato spirituale ed ecclesiale, vorrei rivolgere al Signore una preghiera forte e sincera per i nostri presbiteri “fidei donum” e per tutti i missionari  vicentini sparsi nel mondo, perché si sentano uniti a noi in un vincolo stretto e sacramentale di unità in Cristo e nella Chiesa e su questo possano contare sempre per il loro generoso servizio che svolgono anche a nostro nome e uniti con noi.

3.7 Infine non posso dimenticare quei confratelli che hanno lasciato il sacerdozio. E’ nostro compito percorrere vie di dialogo e di carità verso di loro; mantenere i contatti con quelli che conosciamo, facendoli sentire ancora partecipi del cammino di fede della Chiesa a cui hanno comunque dato parte della loro vita; accompagnarli con la preghiera ed una serena amicizia.

Canterò per sempre l’amore del Signore

4. Il dono del presbiterio unito al vescovo è un evento mirabile di grazia e di santità. Qui oggi si rinnova e si consolida l’unità nel sacramento dell’Ordine che ci fa una cosa sola in Cristo e nella Chiesa. Le promesse sacerdotali, che rinnoveremo tra poco, siano l’espressione sincera di riconoscenza al Signore, il quale, chiamandoci al sacerdozio e ad esercitarlo nella Chiesa di Vicenza insieme ai confratelli e al vescovo, ci invita a rimotivare  e riconfermare  il nostro sì di fedeltà e di generosità a quanto Egli ci ha gratuitamente dato.

A te, Maria, madre di ogni sacerdote,  affidiamo l’impegno di crescere nella fede verso il tuo Figlio, nella comunione con gli altri presbiteri ed il vescovo all’interno della nostra Chiesa locale e nella missione universale di salvezza a cui il sacerdozio ci richiama  ogni giorno quando celebriamo l’Eucaristia, segno sacramentale di partecipazione all’unico ed eterno sacerdozio del nostro Signore Gesù Cristo. Amen.

Cesare Nosiglia

 

XXXIII Giornata Caritas: poveri, vangelo e creatività – tre vie per camminare insieme

La Caritas di Torino segnala per sabato 26 marzo, la XXXIII Giornata Caritas incentrata sul tema: poverti, vangelo, creatività – tre vie per camminare insieme. L’iniziativa vedrà in particolare la partecipazione dell’arcivescovo di Torino Mons. Cesare Nosiglia, del direttore Caritas Torino Pierluigi Dovis e del responsabile Formazione Caritas Torino Ivan Andreis. 

Di seguito si riporta il programma dell’iniziativa con la relativa locandina.

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Saluto di S.E.R. Mons. Cesare Nosiglia

Programma :

  • Camminare insieme su strade sicure
    Saluto introduttivo di Pierluigi DOVIS, direttore Caritas Torino
    Sintesi sulle parole chiave del sinodo a cura di Ivan ANDREIS, responsabile Formazione Caritas Torino
  • La via dei Poveri
    Riflessione a cura di don Giorgio BORRONI, direttore Caritas Novara
    Esperienza: lavoro per i migranti nel progetto Presidio (CN), Caritas Saluzzo
  • La via del Vangelo
    Riflessione a cura di don Antonino PANGALLO, rettore del Seminario arcivescovile Pio XI di Reggio Calabria-Bova, già direttore Caritas
    Esperienza: preghiera nei servizi di carità nella diocesi di Sulmona-Valva, Caritas diocesana
  • La via della Creatività
    Riflessione a cura di Andrea BARACHINO, direttore Caritas Concordia-Pordenone e presidente consorzio Communitas
    Esperienza: progetto Birra ResurrAction, Young Caritas Albese
  • Sottolineature per camminare insieme: Pierluigi DOVIS, direttore Caritas Torino

Contributi da :

  • Letture della Parola
    Livia DAMILANO, Caritas Beinasco Fr. Borgaretto
  • Commenti della Parola
    sr. Maria Petra URIETTI, Superiora Generale Istituto Suore di San Giuseppe
  • Restituzioni percorso sinodale Caritas Diocesana
    Antonella DI FABIO, Osservatorio delle Povertà e delle Risorse Caritas Torino

 

 

 

 

Don Roberto Repole nuovo arcivescovo di Torino e vescovo di Susa

Don Roberto Repole, 55 anni, è il vescovo eletto dell’arcidiocesi di Torino e della diocesi di Susa. A darne l’annuncio sabato 19 febbraio 2022, presso il Santuario della Consolata a Torino, è stato l’arcivescovo mons. Cesare Nosiglia, alla guida della Diocesi di Torino dal 2010 e amministratore apostolico di Susa dal 2019. Di seguito il video dell’annuncio, la comunicazione ufficiale di mons. Cesare Nosiglia e il saluto di don Repole avvenuto alla Consolata pubblicati sul sito della diocesi di Torino.

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La COMUNICAZIONE di mons. Nosiglia alla comunità diocesana:

«Cari amici, sono lieto di comunicarvi che il Santo Padre ha nominato Arcivescovo metropolita di Torino e Vescovo di Susa il canonico don Roberto Repole, docente e direttore della Sezione torinese della Facoltà teologica dell’Italia settentrionale.

Il curriculum del nuovo pastore è ben conosciuto da tutti voi e per questo siamo riconoscenti al Santo Padre di questa nomina. Personalmente sono molto contento della scelta e auguro al mio successore ogni bene, mentre chiedo ai sacerdoti, religiosi e religiose e fedeli tutti di accogliere con gioia il nuovo Arcivescovo e di offrire a lui tutta la loro disponibilità a collaborare efficacemente al suo ministero, accompagnandolo fin da ora con la nostra accoglienza e la nostra preghiera.

Sono lieto di questa nomina anche perché viviamo un periodo delicato e importante che riguarda non solo la diocesi di Torino e Susa ma l’intera Chiesa, e quella italiana in particolare. Mi riferisco all’avvio del Sinodo che caratterizzerà questi prossimi anni ed è iniziato ufficialmente nelle nostre diocesi il 17 ottobre scorso con le solenni celebrazioni nel santuario della Consolata di Torino e nel santuario della Madonna del Rocciamelone a Susa.

Da parte mia assicuro a don Roberto la mia piena disponibilità a sostenerne il ministero senza alcuna interferenza. Io resterò a Torino in una realtà ecclesiale collegata alla parrocchia Madonna Addolorata, al Pilonetto. Anche qui il parroco avrà la mia piena collaborazione, se lo vorrà e come lo vorrà. Ho sempre desiderato infatti di poter servire una comunità parrocchiale. Poi, come ogni altro Vescovo emerito presente a Torino e a Susa sarò disponibile per celebrazioni di Cresime o di feste patronali o altro che i singoli parroci vorranno e chiederanno. Desidero anche assicurare i lavoratori della ex Embraco e i poveri (in particolare senza dimora, immigrati o rom) che continuerò a seguire le loro vicende con la massima cura.

Infine desidero ricordare l’incontro con i giovani di Taizè. Dopo la prima tappa a fine dicembre 2021 aspettiamo ancora i giovani d’Europa a Torino nel prossimo mese di luglio. Mi auguro che questo importante raduno possa essere accolto e seguito con cordiale attenzione da don Roberto.

In attesa dell’ordinazione episcopale di don Roberto, io svolgerò il compito di amministratore apostolico per Torino e Susa. Oggi saluto con affetto don Roberto e sono certo che il suo ministero e azione pastorale darà un ulteriore impulso alle nostre Diocesi di Torino e Susa supplendo ad ogni mia mancanza, con l’apporto del clero, dei religiosi e religiose e dei laici, per svolgere con impegno il cammino sinodale in atto e ogni altro importante rinnovamento delle due diocesi in vista della loro unità sempre più necessaria.

D’intesa con lui abbiamo deciso di comunicare la sua nomina qui nel santuario della Consolata, perché la Madonna che più sentiamo come nostra lo protegga e sostenga nel suo ministero. Con vivo saluto e augurio».

Il testo del SALUTO di don Repole:

«Carissime sorelle e carissimi fratelli, tutti: religiose e religiosi, laiche e lai-ci, diaconi e presbiteri.

Come potete anche solo immaginare, ho il cuore colmo di emozione e all’interno c’è un guazzabuglio di sentimenti. Vi è certamente una profonda e intensa gratitudine al Signore, che mi invita ancora una volta e in maniera sempre più radicale alla sua sequela e al dono di me; e al carissimo papa Francesco, che mi ha scelto con un atto di grandissima fiducia. Ma confesso anche che in questi giorni ho dovuto combattere con l’ansia, sempre frutto del Nemico quando ci separa da Cristo e dai fratelli e ci fa sentire soli.

Al di sotto però delle onde di superficie, se scendo nel profondo, laddove lo Spirito Santo mi abita, trovo una pace profonda.

Mi consolano in particolare tre cose.

La prima è che io sono certo di non aver mai cercato in alcun modo un ministero come quello che oggi mi viene affidato. Ho avuto la grazia in questi anni di avere tantissimi contatti, che mi hanno arricchito nel mio percorso teologico e nella mia vita di fede. Ma ho sempre incontrato le persone per quello che erano, senza secondi fini. E per questo, la mia nomina ad arcivescovo di Torino e vescovo di Susa era umanamente del tutto imprevedibile. Non può essere opera semplicisticamente umana. Nella fede la leggo come l’opera della fantasia e dell’estro dello Spirito. E vivo allora sicuro che come la mano di Dio non mi ha mai abbandonato in questi anni e come, anzi, la sua presenza si è fatta con il tempo sempre più intensa, così continuerà ad affiancare i miei passi. Sono con Lui; e questo è anche ciò che desidero sempre di più, quello che più davvero mi interessa nella vita.

E poi ho la grande grazia di dover servire due Chiese che conosco, pur in modo evidentemente diverso. E anche voi conoscete me, con i doni che il Signore ha voluto farmi nella sua immensa bontà e con i miei limiti. La Chiesa di Torino è la mia Chiesa, tanto amata. È qui che ho ricevuto il dono più bello di tutti, quello della fede, quello della compagnia di Cristo. Penso con profonda gratitudine a tutte le sorelle e i fratelli che sono stati e sono per me la testimonianza di Cristo vivente e del suo amore. Penso a voi, con i quali camminiamo insieme; e penso a quelli che sono già nel Signore. Ci sono anche loro, anche oggi, qui. Gabriel Marcel faceva dire ad un personaggio del suo teatro che se il mondo fosse abitato solo da quelli che noi consideriamo i viventi, l’aria sarebbe semplicemente irrespirabile. Questo è particolarmente vero per la Chiesa. La Chiesa di Susa ho avuto modo di conoscerla, invece, soprattutto attraverso diversi incontri di formazione e di ritiro dei preti. Ne ho sempre raccolto la sensazione di una comunità in cui, con semplicità, si serve il Signore e ci si vuole bene.

Ecco, mi consola sapere che lo Spirito è già potentemente all’opera e la Chiesa c’è già. Io vi svolgerò un ministero e offrirò quello che umanamente potrò dare. Ma ci saranno altri ministeri e soprattutto ci saremo tutti noi, una cosa sola in Cristo. Le Chiese di Torino e di Susa non hanno solo un glorioso passato, hanno un presente, dove Dio è all’opera perché il Vangelo raggiunga davvero tutti; e per questo, tale presente può essere persino stimolante e avvincente.

Mi consola, infine, sapere che come cristiani non siamo certamente una potenza, né dobbiamo esserlo. Non abbiamo da offrire a queste nostre città nulla di tutto ciò che esse possono trovare già altrove e in abbondanza. Possiamo offrire, però, quello che nella nostra povertà Cristo ha deposto e depone continuamente in noi: la straripante bellezza del Vangelo, che può generare senso di vita per i più giovani, sollievo e compagnia per i più anziani, vicinanza e cura per i malati, accoglienza ospitale per tutti i poveri e gli emarginati.

Con questi sentimenti, ringrazio ancora di cuore il Santo Padre, e ringrazio l’arcivescovo Cesare Nosiglia, per tutto l’impegno che ha profuso e quello che ancora deve offrire per qualche mese (senza mettere limiti per il prosieguo). Ci affidiamo tutti alla Vergine Consolata, perché continui a suggerirci quello che Cristo ci chiede.

Vi voglio bene, confido tantissimo nel vostro bene e nella misericordia che ci useremo gli uni gli altri.

Ringrazio sin d’ora le Autorità civili e militari, confidando in una buona collaborazione. Sicuramente avremo modo nei prossimi mesi di incontrarci e di iniziare un dialogo proficuo.

Mi scuso sin da adesso con i giornalisti presenti, se non aggiungo altro a questo saluto. Avremo modo di incontrarci in un clima più calmo rispetto alle emozioni di questi giorni e poterci così parlare. Grazie di cuore!».

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Leggi la notizia anche su L’Eco del Chisone e Ansa.it

Don Michele Viviano: «Don Bosco ci insegna a stimare i giovani» – Avvenire

A seguito dei festeggiamenti per don Bosco, don Michele Viviano, Rettore della basilica Maria Ausiliatrice di Torino lascia la sua parola in un intervista riportata su Avvenire a cura di Marina Lomunno.

Di seguito l’articolo.

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Don Viviano è il rettore di Maria Ausiliatrice a Torino cuore storico della Famiglia Salesiana: una casa dove tutti devono sentirsi accolti.

A don Bosco, che mi ha voluto qui, chiedo ogni giorno: “Che cosa devo fare per continuare a rendere bella e accogliente la casa di Maria Ausiliatrice da te costruita con tante fatiche”?».

È una delle preoccupazioni di don Michele Viviano, siciliano nato a San Cataldo (Caltanissetta) nel 1962 e prete dal 1991: è stato nominato rettore della Basilica dal 1° settembre 2021 al 31 agosto 2024 e ha celebrato ieri la sua prima festa di don Bosco nella casamadre dei salesiani, a cui tutta la famiglia del santo dei giovani, sparsa in 134 Paesi del mondo, guarda come punto di riferimento carismatico. «Ogni figlio di don Bosco sogna di stare un giorno, un periodo nei luoghi dove è nata la nostra Congregazione: così è stato per me fino adesso. Un sogno diventato realtà», prosegue don Michele al termine delle Messe presiedute ieri in Basilica dal rettor maggiore dei Salesiani, don Ángel Fernández Artime, e dall’arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia.

«È la prima volta che vivo la festa di don Bosco accanto a lui in Basilica, qui in questi luoghi dove ha cominciato ad accogliere i ragazzi e con alcuni a fondare la Congregazione dei salesiani nel 1854. E il ricordo va al nostro patrono san Francesco di Sales, di cui abbiamo iniziato la scorsa settimana le celebrazioni del 400° dalla morte con l’inaugurazione di una mostra qui a Valdocco, al Museo Casa don Bosco”. Un santo da riscoprire perché don Bosco ce lo diede come modello: quasi a dirci “siate come lui, vi chiamate come lui”: ecco la sua grande umiltà».

Don Viviano, docente al Centro teologico San Tommaso di Messina, è giunto a Torino dopo numerosi incarichi a Roma e in Sicilia. Una nomina, rettore della Basilica più importante della Congregazione, che davvero non si aspettava:

«Mi sento molto privilegiato e vivo questo mandato come un regalo di don Bosco per il mio 30° anno di ordinazione.  Nel 2016, nel mio 25° di sacerdozio, mi giunse un’obbedienza “strana”, a cui non mi sentivo per nulla preparato: alla mia vita abbastanza tranquilla di docente mi si chiedeva di aggiungere la direzione di un centro di accoglienza per migranti che arrivavano dal porto di Catania. Era il periodo in cui papa Francesco ci invitava ad aprire le case e gli istituti religiosi per ospitare chi rischiava la vita attraversando il mar Mediterraneo. Accolsi quell’obbedienza come un regalo di Dio per il mio 25°.  Ora, dopo 5 anni, con mia grande sorpresa e senza esser stato mai parroco, il rettor maggiore mi ha chiesto l’obbedienza di venire a Maria Ausiliatrice e dove si venerano le spoglie mortali del nostro santo: come non accoglierla come un dono di Dio, come una chiamata di don Bosco? Certo, è una grande responsabilità ma ciò che mi conforta e incoraggia è che non sono solo: ho una comunità che mi sostiene, confratelli che mi aiutano e collaborano. Sono il rettore ma ancor prima che a me la Basilica è affidata alla mia comunità».

Chiediamo a don Michele quale segno sono i santuari come Maria Ausiliatrice in questo tempo infragilito dalla pandemia.

«Innanzitutto, come ha detto l’arcivescovo nell’omelia, per i ragazzi e le ragazze che entrano in questa chiesa e in questi cortili, l’esempio di don Bosco e la sua azione educativa è un forte appello a stimare i giovani capaci di grandi cose e a spronarli a non arrendersi mai di fronte alle difficoltà. E poi la nostra Basilica, come i santuari mariani sparsi per l’Italia, deve offrire, insieme alla celebrazione eucaristica e a quella della riconciliazione sempre ben curate, iniziative formative e culturali. Ma soprattutto, come diceva don Bosco della Basilica di Maria Ausiliatrice, deve essere “casa” dove tutti si sentono accolti».

I festeggiamenti per Don Bosco a Valdocco

Domenica 30 e lunedì 31 gennaio, grande festa nel cuore di Torino-Valdocco per la solennità di San Giovanni Bosco: lungo il corso di entrambe le giornate, presso la Basilica Maria Ausiliatrice, si sono svolte le tradizionali celebrazioni in onore del santo dei giovani. Tra le principali, quella delle ore 11:00 di domenica 30 presieduta dal Rettor Maggiore dei Salesiani Ángel Fernández Artime e trasmessa in diretta su RAI 1, per la quale Papa Francesco, durante l’Angelus (vedi il video dal minuto 16), ha voluto esprimere la sua vicinanza a tutta la famiglia salesiana:

Alla vigilia della festa di San Giovanni Bosco, vorrei salutare i salesiani e le salesiane, che tanto bene fanno nella Chiesa. Ho seguito la Messa celebrata nel santuario di Maria Ausiliatrice [a Torino] dal Rettore maggiore Ángel Fernández Artime, ho pregato con lui per tutti. Pensiamo a questo grande Santo, padre e maestro della gioventù. Non si è chiuso in sagrestia, non si è chiuso nelle sue cose. È uscito sulla strada a cercare i giovani, con quella creatività che è stata la sua caratteristica. Tanti auguri a tutti i salesiani e le salesiane!

(Papa Francesco)

Lunedì 31 gennaio, invece, il Rettor Maggiore ha presieduto la S.Messa delle ore 9:30, animata dalla corale di Maria Ausiliatrice.

È bello trovarsi una mattina come oggi qui, per celebrare con tanta solennità San Giovanni Bosco: è espressione di come, per grazia di Dio, è entrata nel cuore l’ammirazione per un prete “piccolo” e umile come Don Bosco che è stato invece un “gigante” proprio per grazia di Dio […]. Don Bosco è frutto di una ispirazione dello Spirito Santo: è stato Dio che nel suo spirito ha scelto quel giovanetto delle colline dei Becchi per seminare nel suo cuore questa predilezione per i ragazzi più poveri […].

Carissimi, io penso che non ci sia nella storia della salvezza e nella storia della Chiesa neanche un caso dove sia stato facile per un uomo di Dio portare avanti il progetto e il sogno pensato per lui. Per Don Bosco è stato lo stesso. La vita per Don Bosco è stata innanzitutto una vita con un grande amore per Dio, per Gesù e per la Madonna.

(Don Ángel Fernández Artime – Rettor Maggiore)

Alle ore 11:00 la celebrazione ha visto invece la presenza di Mons. Cesare Nosiglia, Arcivescovo dell’Arcidiocesi di Torino, la quale ha sottolineato, durante l’omelia, quanto sia importante ancora oggi accogliere l’esempio di Don Bosco e la sua azione educativa come “un forte appello a stimare i giovani capaci di grandi cose e a spronarli a non arrendersi mai di fronte alle difficoltà“:

Per questo dico ai giovani in questa festa di Don Bosco: «Abbiate il coraggio di raccontare con gioia ed entusiasmo ai vostri coetanei l’esperienza cristiana che state facendo, invitandoli a sperimentare l’amicizia in un gruppo alternativo ai tanti che frequentano; un gruppo dove non ci si accontenta di stare insieme per parlare, discutere o organizzare feste, gite e iniziative, ma dove si impara anche a pregare insieme, ad accostare la Bibbia, a celebrare l’Eucaristia, a servire con amore e solidarietà i piccoli, i poveri e sofferenti; un gruppo dove è possibile anche oggi fare esperienza di incontro con Gesù, nella sua comunità».

(Mons. Cesare Nosiglia – Vescovo)

Alle ore 18:30 si è poi tenuta la S.Messa presieduta da don Leonardo Mancini, Ispettore dei Salesiani del Piemonte, Valle d’Aosta e Lituania, con la partecipazione di tutti i giovani del Movimento Giovanile Salesiano.

La festa di don Bosco vissuta alla sua presenza ha senz’altro un fascino unico al mondo. Lo celebriamo perciò festosamente per il dono che è lui ancora oggi per noi e per tutti i giovani […]. Per tutti don Bosco è potenzialmente un dono. La festa di don Bosco ci interroga, suscita in noi il desiderio di imitarlo nella santità e ci interroga in modo particolare attraverso la Parola di Dio […].

È don Bosco, padre maestro dei giovani, la risposta più esauriente nella Chiesa alla domanda di Gesù ai suoi discepoli di “lasciare che i ragazzi possano avvicinarsi a lui”, perché ne hanno il diritto. E noi siamo qui a prendere il suo testimone […]. Nessuno può impedirci di consegnare Gesù ai giovani del mondo, ai giovani del Piemonte, Valle d’Aosta e Lituania. E noi lo facciamo e lo faremo con gioia e con impegno rinnovato […].

Don Bosco aiutaci ad imitarti, a difendere il diritto dei giovani ad incontrare Gesù e ad accogliere le sfide che il Signore ci lancia in questa direzione, anche quando sembrano superare le nostre forze.

(Don Leonardo Mancini – Ispettore)

Avvenire – La Famiglia Salesiana e Torino invocano l’aiuto di Maria Ausiliatrice

Pubblichiamo l’articolo di Marina Lomunno su Avvenire per la festa di Maria Ausiliatrice, celebrata Torino alla presenza del Rettor Maggiore, don Angel Fernández Artime.

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Torino. Non solo per la famiglia salesiana, sparsa in 132 nazioni, ma anche per i torinesi la festa di Maria Ausiliatrice, giunta alla 153a edizione e che ogni anno raduna 20mila persone per la tradizionale processione per le vie di Valdocco, le strade percorse dal santo dei giovani, è un appuntamento fisso. Neppure le guerre mondiali hanno fermato l’uscita della Madonna dalla Basilica la sera del 24 maggio. Da due anni invece la pandemia ha costretto la statua a «fermarsi» nel cortile di Valdocco – accanto alle effigi di don Bosco e di mamma Margherita – «dove ogni pietra parla del nostro santo che cercava e accoglieva in questa casa i giovani più fragili», ha sottolineato il rettor maggiore dei salesiani, don Angel Fernández Artime, concludendo nel cortile della Basilica la novena nella serata di domenica scorsa. Ma la statua dell’Ausiliatrice transennata, l’obbligo delle mascherine, il cortile con sedie distanziate e gli ingressi in Basilica contingentati e controllati dal servizio d’ordine dei volontari, i collegamenti social tradotti in 5 lingue, grazie all’agenzia Info Salesiana che ha mandato in diretta le celebrazioni presiedute dall’arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia, e dal rettor maggiore, hanno – se è possibile – reso ancora più intensa la preghiera in un momento così difficile.

«Mai il cortile e la Basilica nei giorni della novena e della festa la cui vigilia, per una felice concomitanza, è coincisa con la solennità di Pentescoste, sono rimasti deserti: migliaia di famiglie, giovani, anziani, rispettando le regole sanitarie, sono venuti a pregare commossi, anche senza processione, la nostra Mamma, aiuto dei cristiani, che in un momento così incerto ci invita alla responsabilità gli uni verso gli altri e, con don Bosco, ricorda alla famiglia salesiana la priorità per l’educazione dei giovani che la pandemia sta mettendo a dura prova», ci dice don Guido Errico, rettore della Basilica, casa-madre dei salesiani. Molto partecipate le due liturgie centrali in Basilica: domenica la concelebrazione presieduta da Nosiglia che, con parole di supplica, ha voluto affidare a Maria Ausiliatrice l’arcidiocesi di Torino che nei prossimi giorni si riunisce per «l’assemblea diocesana che, sul tema della Chiesa in uscita, promuoverà un’ampia riflessione in vista di un forte impegno che dovrà investire tutte le nostre comunità ecclesiali, le famiglie e i giovani in prima persona».

E poi ieri pomeriggio, nel giorno della solennità, la Messa presieduta da don Artime, decimo successore di don Bosco, che ha evidenziato come la pandemia stia decimando i più poveri del mondo che non hanno accesso a cure e vaccini: «Dopo un anno, la malattia continua a colpire molte persone. E anche se in alcuni luoghi si comincia a vedere la luce alla fine del tunnel, in altri la situazione rimane ancora molto grave e pesante. Oggi come ieri a Lei, nostra Madre, aiuto nei momenti difficili, orientiamo il nostro sguardo e rivolgiamo la nostra preghiera affinché arrivi al Signore. E nella solennità di Maria Ausiliatrice abbiamo bisogno, forse più che in altri momenti, di rivolgerle il nostro sguardo, affinché guardandola e parlandole con il cuore possiamo sentire che ancora una volta Lei ci dice: “Perché avete paura, non sono qui io che sono vostra madre?”».

Leggi anche l’articolo pubblicato su La Voce e il Tempo a cura di Marina Lomunno

Ausiliatrice, l’affidamento di Torino

Neppure la guerra arrestò l’uscita della statua di Maria Ausiliatrice dalla Basilica, la sera del 24 maggio per la tradizionale processione per le vie percorse da don Bosco: da due anni invece la pandemia ha «fermato» l’effigie della Madonna nel cortile di Valdocco, «dove ogni pietra parla del nostro santo che cercava e accoglieva in questa casa i giovani più fragili, come ha sottolineato il Rettor Maggiore dei salesiani, don Angel Fernández Artime, concludendo la novena domenica 23 maggio e affidando l’umanità all’Ausiliatrice nella serata del 24 sul sagrato della Basilica al termine della preghiera del Rosario. Ma la statua dell’Ausiliatrice transennata, l’obbligo delle mascherine, il cortile con sedie distanziate e gli ingressi in Basilica contingentati e controllati dal solerte servizio d’ordine dei volontari, i collegamenti social tradotti in 5 lingue, grazie all’Agenzia Info Salesiana che ha mandato in di- retta le celebrazioni presiedute dall’Arcivescovo e del Rettor Maggiore, non hanno fermato la preghiera, in un momento così difficile in tutto il mondo. «Mai il cortile e la Basilica nei giorni della Novena e della Festa la cui vigilia, per una felice concomitanza, è coincisa con la solennità di Pentecoste, sono rimasti deserti: migliaia di famiglie, giovani, anziani, rispettando le regole sanitarie sono venuti a pregare, anche senza processione, Maria, aiuto dei cristiani, che oggi ci invita alla responsabilità gli uni verso gli altri e, con don Bosco, ricorda alla famiglia salesiana la priorità per l’educazione dei giovani che la pandemia sta mettendo a dura prova» spiega don Guido Errico, rettore della Basilica, Casa madre dei salesiani. Domenica 23 alle 18.30 la concelebrazione presieduta da mons. Nosiglia (anticipata perché il Vescovo è impegnato all’Assemblea Cei dal 24 maggio) che ha affidato a Maria Ausiliatrice la diocesi di Torino che nei prossimi giorni si riunisce per «l’assemblea diocesana che, sul tema della Chiesa in uscita, promuoverà un’ampia riflessione in vista di un forte impegno che dovrà investire tutte le nostre comunità ecclesiali, le famiglie e i giovani in prima persona». L’Arcivescovo che ha ricordato il legame profondo tra la famiglia salesiana e la città di Torino, ha posto sotto il manto dell’Ausiliatrice «quanti si adoperano per affrontare e risolvere i problemi sociali, in particolare quello del lavoro, che assillano la Città e il territorio e che rappresentano un motivo di grande sofferenza per tante persone disoccupate o in cerca di lavoro come sono i giovani. Situazioni che generano preoccupazione e timori per il futuro e rischiano di tarpare le ali ai progetti per una città più vivibile, solidale, pacifica». L’indomani, nella Messa nel giorno della Solennità di Maria Ausiliatrice, don Angel Fernández Artime, decimo successore di don Bosco, ricordando come la pandemia stia decimando i più poveri del mondo che non hanno accesso a cure e vaccini, ha invitato a rivolgere «il nostro sguardo e la nostra preghiera a Maria affinché arrivi al Signore, affinché guardandola e parlandole con il cuore possiamo sentire che ancora una volta Lei ci dice: ‘Perché avete paura, non sono qui io che sono vostra madre?’».

Marina LOMUNNO