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CENSIS – Quindicesimo Rapporto sulla comunicazione

Si riporta qui di seguito il 15° rapporto Censis sulla comunicazione dal titolo “I media digitali e la fine dello Strar System” svoltosi a Roma in data 11 ottobre 2018. Con i pulsanti sottostanti sarà possibile scaricare tutti i materiali in pdf.

 

 

Censis 11/10/2018

I media digitali e la fine dello star system

Presentato il 15° Rapporto Censis sulla comunicazione

 

Triplicata la spesa per smartphone in dieci anni: 23,7 miliardi di euro per cellulari, servizi di telefonia e traffico dati. Su internet il 78,4% degli italiani. Giovani: web tv per il 46,6% e Instagram per il 55,2%. Positivo l’uso dei social network in politica per il 47% dei cittadini. È l’era biomediatica, in cui uno vale un divo

Roma, 11 ottobre 2018 – Le nuove diete mediatiche degli italiani: tv e radio sul web, nuovi record per smartphone e social network. Nel 2018 la televisione registra una leggera flessione di telespettatori, determinata dal calo delle sue forme di diffusione più tradizionali. La tv digitale terrestre e la tv satellitare si attestano, rispettivamente, all’89,9% e al 41,2% di utenza tra gli italiani: entrambe cedono il 2,3% di pubblico nell’ultimo anno. Continuano a crescere invece la tv via internet (web tv e smart tv possono contare su una utenza del 30,1%, +3,3% in un anno) e la mobile tv (che è passata dall’1% del 2007 all’attuale 25,9% di spettatori, con un aumento del 3,8% nell’ultimo anno). L’incremento di utenti dei servizi video digitali è uno dei cambiamenti più rilevanti del 2018: in un anno gli italiani che guardano i programmi delle piattaforme di tv on demand sono aumentati dall’11,1% al 17,9%, con punte del 29,1% tra i giovani under 30. La radio continua a rivelarsi all’avanguardia nei processi di ibridazione del sistema dei media. Complessivamente, i radioascoltatori sono il 79,3% degli italiani. Se la radio tradizionale perde 2,9 punti percentuali di utenza (oggi al 56,2%), come l’autoradio (con il 67,7% di utenza, -2,5% rispetto allo scorso anno), la flessione è compensata dall’ascolto delle trasmissioni radiofoniche via internet con il pc (lo fa il 17% degli italiani) e soprattutto attraverso lo smartphone (con una utenza al 20,7%, +1,6% rispetto allo scorso anno). Gli italiani che usano internet aumentano dal 75,2% al 78,4% (+3,2% rispetto allo scorso anno e +33,1% dal 2007). Quelli che utilizzano gli smartphone salgono dal 69,6% al 73,8% (+4,2% nell’ultimo anno, mentre ancora nel 2009 li usava solo il 15% della popolazione). Gli utenti dei social network crescono ancora, dal 67,3% al 72,5% della popolazione. Aumentano gli utenti di WhatsApp: il 67,5% degli italiani, l’81,6% degli under 30. Più della metà della popolazione usa i due social network più popolari: Facebook (56%) e YouTube (51,8%). Notevole è il passo in avanti di Instagram, che arriva al 26,7% di utenza (e al 55,2% tra i giovani). Mentre Twitter scende al 12,3%.

Un popolo di navigatori, ma non di lettori. Nel 2007 i quotidiani erano letti dal 67% degli italiani, ridotti al 37,4% nel 2018 (anche se nell’ultimo anno registrano un +1,6% di utenza). Il calo non è stato compensato dai giornali online, che nello stesso periodo hanno incrementato l’utenza solo dal 21,1% al 26,3%. Ma gli altri portali web di informazione sono consultati dal 46,1% degli italiani. Restano stabili i settimanali (con il 30,8% di lettori, -0,2% in un anno) e i mensili (con il 26,5% di lettori, -0,3%). Anche i lettori di libri continuano a diminuire anno dopo anno. Se nel 2007 il 59,4% degli italiani aveva letto almeno un libro nel corso dell’anno, nel 2018 il dato è sceso al 42% (-0,9% rispetto allo scorso anno). Né gli e-book (letti solo dall’8,5% degli italiani, -1,1% nell’ultimo anno) hanno compensato la riduzione.

In dieci anni triplicata la spesa per smartphone. Il valore dei consumi complessivi delle famiglie non è ancora tornato ai livelli pre-crisi (-2,7% nel 2017 rispetto al 2007), ma la spesa per smartphone è più che triplicata nel decennio (+221,6%, per un valore di quasi 6,2 miliardi di euro nell’ultimo anno), quella per computer è aumentata del 54,7%, i servizi di telefonia si sono riassestati in basso per effetto di un riequilibrio tariffario (-10,4% nel periodo 2007-2017, per un valore però di quasi 17,5 miliardi di euro nell’ultimo anno) e la spesa per libri e giornali ha subito un collo (-38,8% nel decennio). Complessivamente, nel 2017 la spesa per cellulari, servizi di telefonia e traffico dati ha raggiunto i 23,7 miliardi di euro.

È forte la frattura generazionale nei consumi mediatici. I giovani si muovono con agilità nel sistema della comunicazione digitale, sfruttando più di chiunque altro tutte le opportunità offerte. Tra gli under 30 la quota di utenti di internet supera il 90%, mentre è ferma al 42,5% tra gli over 65. Più dell’86% dei primi usa lo smartphone, ma lo fa solo il 35% dei secondi. Più del 70% dei giovani è iscritto a Facebook e usa YouTube, contro circa il 20% degli anziani. Più della metà dei giovani consulta i siti web di informazione, contro appena un quinto degli anziani. Quasi il 47% dei primi guarda la web tv, contro appena il 9,5% dei secondi. Oltre il 35% dei giovani ascolta la radio attraverso il telefono cellulare, mentre lo fa solo il 4% dei longevi. Su Twitter c’è un quarto dei giovani e un marginale 3% scarso degli over 65.

Positivo l’uso dei social network in politica per il 47% degli italiani. In merito al ruolo svolto dai social network nella comunicazione politica, gli italiani si dividono tra fautori e detrattori in due parti quasi uguali. Il 16,8% ritiene che svolgono una funzione preziosa, perché così i politici possono parlare direttamente ai cittadini, senza filtri. Il 30,3% pensa che siano utili, perché in questo modo i cittadini possono dire la loro rivolgendosi direttamente ai politici. Invece, il 23,7% crede che siano inutili, perché le notizie importanti si trovano sui giornali e in tv, il resto è gossip. Infine, il 29,2% è convinto che siano dannosi, perché favoriscono il populismo attraverso le semplificazioni, gli slogan e gli insulti rivolti agli avversari. In sintesi, i giudizi positivi sulla disintermediazione digitale in politica sono espressi da una percentuale che sfiora la metà degli italiani: complessivamente, il 47,1%.

La fine dello star system. Nell’era biomediatica uno vale un divo. Uno degli effetti della disintermediazione digitale è la fine dello star system tradizionale. Con la conseguente rottura del meccanismo di identificazione e proiezione sociale che in passato veniva attivato dalla fascinazione esercitata dal pantheon delle celebrità: prima venerate e oggi smitizzate nel disincanto del mondo. Il divismo aveva impregnato gran parte della cultura di massa del ‘900, legato al medium per eccellenza di quella cultura: il cinema. Oggi la moltitudine dei soggetti, novelli Prometeo dell’era digitale, ha trascinato quel pantheon giù dall’Olimpo. Uno vale un divo: siamo tutti divi. O nessuno, in realtà, lo è più. La metà degli italiani (il 49,5%) è convinta che oggi chiunque possa diventare famoso (tra i giovani under 30 la percentuale sale al 56,1%). Un terzo (il 30,2%) ritiene che la popolarità sui social network sia fondamentale per essere una celebrità (la pensa così il 42,4% dei giovani). Mentre un quarto (il 24,6%) sostiene che semplicemente il divismo non esiste più. E comunque appena un italiano su 10 prende a modello i divi come miti a cui ispirarsi (il 9,9%).

Questi sono i principali risultati del 15° Rapporto sulla comunicazione del Censis, promosso da Facebook, Intesa Sanpaolo, Mediaset, Rai, Tv2000 e Wind Tre, presentato oggi a Roma presso la Sala Capitolare del Senato da Massimiliano Valerii, Direttore Generale del Censis, e discusso da Gian Paolo Tagliavia, Chief Digital Officer della Rai, Gina Nieri, Consigliere di Amministrazione di Mediaset, Massimo Porfiri, Amministratore Delegato di Tv2000, Massimo Angelini, Direttore Pr Internal & External Communication di Wind Tre, Fabrizio Paschina, Responsabile Direzione Comunicazione e Immagine di Intesa Sanpaolo, Francesco Rutelli, Presidente di Anica, e Giuseppe De Rita, Presidente del Censis.

I nuovi riti, tic e tabù della digital life

Presentato il 15° Rapporto Censis sulla comunicazione «I media digitali e la fine dello star system»

Il 50,9% di chi ha uno smartphone controlla le notifiche del telefono appena sveglio o come ultima cosa prima di andare a dormire. Il 48,4% consulta le previsioni meteo nel corso della giornata. E il 25,8% non esce di casa senza il caricabatteria. Il problema numero uno di internet secondo gli italiani? La diffusione di comportamenti violenti, dal cyber-bullismo alle diffamazioni online

Roma, 11 ottobre 2018 – La fiducia nei media al tempo delle fake news. La radio ottiene il primato della credibilità tra i media: il 69,7% degli italiani la considera molto o abbastanza affidabile. Sono soprattutto gli over 65 (72,5%) a riconoscere alla radio questo merito e le persone con un livello di istruzione più elevato, diplomati e laureati (71,2%). La televisione è considerata affidabile dal 69,1% degli italiani. Oltre al 78,5% degli anziani, è anche il 68,8% dei giovani under 30 a pensarla così. Anche la stampa viene considerata affidabile da una quota maggioritaria di italiani: il 64,3%. Nella parte inferiore della graduatoria si collocano invece i siti web d’informazione: solo il 42,8% degli italiani li considera pienamente credibili. In questo caso si rileva una polarizzazione tra giovani e anziani: tra i primi il giudizio negativo è espresso dal 45,8%, tra i secondi è ai massimi livelli (79,1%). Ultimi in classifica si collocano i social network, ritenuti non del tutto affidabili dal 66,4% degli italiani. Sono gli anziani a essere i più diffidenti (78,2%), mentre il 45,8% dei giovani li considera attendibili. La tendenza a una minore fiducia si è accentuata nell’ultimo anno: hanno perso credibilità i siti d’informazione online per il 20,7% degli italiani, i social network per il 27,2%.

Nuovi riti, tic e tabù della digital life. La grande diffusione degli smartphone modifica i comportamenti di molte persone, protagoniste oggi di nuovi rituali, piccoli tic e manie mascherate. Il 59,4% degli italiani che possiedono un cellulare evoluto dichiara che, invece di telefonare, preferisce inviare messaggi per comunicare. Il 54,7% fa parte di gruppi su servizi di messaggistica come WhatsApp. Il 50,9% controlla le notifiche del telefono come primo atto al risveglio o come ultima cosa prima di andare a dormire. Il 48,4% consulta le previsioni meteo nel corso della giornata. Un’altra piccola ossessione quotidiana riguarda il rapporto con la memoria: il cellulare diventa una «protesi» utile ai nostri ricordi e alle nostre conoscenze, al punto che il 37,9% degli utenti, quando non ricorda un nome, una data o un evento, si affida immediatamente alle risposte della rete per fugare ogni dubbio. Uno su tre (30,1%), invece di digitare sulla tastiera, invia messaggi vocali. E il 25,8% esce di casa portando sempre con sé il caricabatteria del cellulare.

Quali sono i principali problemi dell’era digitale? La classifica dei principali problemi dell’era digitale secondo gli italiani riflette una visione molto individualistica, prevalentemente centrata su di sé e sull’impatto negativo che le tecnologie digitali possono eventualmente avere sul proprio vissuto quotidiano. Per il 42,5% degli italiani il problema numero uno di internet è la diffusione di comportamenti violenti, dal cyber-bullismo alle diffamazioni e intimidazioni online. Al secondo posto, il 41,5% colloca il tema della protezione della privacy. Segue il rischio della manipolazione delle informazioni attraverso le fake news (40,4%) e poi la possibilità di imbattersi in reati digitali, come le frodi telematiche (35,5%). Solo a grande distanza vengono citati problemi di sistema, come l’arretratezza delle infrastrutture digitali del nostro Paese e l’inadeguatezza dei servizi online della pubblica amministrazione (14,9%), oppure le minacce all’occupazione che possono venire da algoritmi, intelligenza artificiale e robotica (10,5%).

Preoccupazioni e soluzioni per proteggere la privacy. Il 59,3% degli utenti dei social network si dice molto o abbastanza preoccupato per il possibile uso distorto dei propri dati personali, mentre il restante 40,7% afferma di non nutrire nessun timore (il 7,5%) o ha solo una scarsa preoccupazione (il 33,2%). Tra i giovani under 30 la percentuale complessiva di chi non manifesta preoccupazioni arriva al 48,6%. Tra le soluzioni possibili, il 61,1% degli italiani ritiene che i gestori dei social network stiano già lavorando all’implementazione delle procedure di sicurezza necessarie. L’utente, in realtà, punta il dito verso se stesso: l’83,6% degli italiani è convinto che sia necessario imparare a usare i social network con maggiore attenzione e prudenza. A supporto dell’autotutela si affianca la richiesta, ugualmente sentita, di una più robusta risposta legislativa: per l’80,3% degli italiani le autorità devono intervenire con una regolamentazione più efficace a difesa dell’utente.

Questi sono i principali risultati del 15° Rapporto sulla comunicazione del Censis, promosso da Facebook, Intesa Sanpaolo, Mediaset, Rai, Tv2000 e Wind Tre, presentato oggi a Roma presso la Sala Capitolare del Senato da Massimiliano Valerii, Direttore Generale del Censis, e discusso da Gian Paolo Tagliavia, Chief Digital Officer della Rai, Gina Nieri, Consigliere di Amministrazione di Mediaset, Massimo Porfiri, Amministratore Delegato di Tv2000, Massimo Angelini, Direttore Pr Internal & External Communication di Wind Tre, Fabrizio Paschina, Responsabile Direzione Comunicazione e Immagine di Intesa Sanpaolo, Francesco Rutelli, Presidente di Anica, e Giuseppe De Rita, Presidente del Censis.

 

Più tecnologia e meno relazioni: questa la fotografia delle famiglie italiane a cura del Censis

La fotografia del primo Rapporto Auditel-Censis sulle famiglie italiane, presentato il 25 Settembre 2018 al Senato, rivela uno scenario preoccupante: 5,7 milioni le persone che vivono sole; oltre 6 milioni le donne capofamiglia; i bambini tra 4 e 10 anni si rivelano precoci digitali (quasi 1 su 2 connesso al web); i figli, moltiplicatori di consumi.

Dedicato a “Convivenze, relazioni e stili di vita”, il primo Rapporto Auditel-Censis si fonda sulla ricerca di base Auditel, che 7 volte l’anno intervista, casa per casa, oltre 41 mila italiani. Le case degli italiani, evidenziano ancora i ricercatori, sono stracolme di elettrodomestici tradizionali o di ultima generazione. I televisori sono nelle case del 97,1% delle famiglie italiane, 14 milioni di pc portatili (48,1%), 7,4 milioni di tablet (26,4%), 5,6 milioni di pc fissi (22,1%). Non solo: il 19,3% delle famiglie dispone di almeno un televisore connesso al web (smart tv o apparecchio tradizionale connesso al web con dispositivo esterno). I telefoni cellulari sono presenti in oltre il 95% delle famiglie, i telefoni fissi solo nel 60% circa. Dal Rapporto emerge poi che la connessione al web è ormai capillare e coinvolge anche gli anziani: l’82,2% delle famiglie italiane è connesse a internet.

La famiglia, conseguentemente, «ha cambiato pelle con l’evoluzione sociale: siamo passati dalla famiglia Spa, che combinava redditi e patrimoni, alla famiglia di cura garante di welfare informale e reddito per i componenti non autosufficienti e i figli precari, fino all’attuale rischio di una famiglia disintermediata, alle prese con le sfide che minacciano la relazionalità interna», ha affermato il presidente del Censis Giuseppe De Rita.

Ecco alcune relazioni di approfondimento del 1° Rapporto Auditel-Censis su “Convivenze, relazioni e stili di vita”: buona lettura!

 

1° Rapporto Auditel-Censis: scattata la fotografia della società italiana e dei cambiamenti che sta attraversando

Oltre 6 milioni di donne sono capofamiglia. Aumentano le coabitazioni per ragioni economiche. I bambini tra 4 e 10 anni si rivelano precoci digitali. Clamoroso il boom di accessori domestici: mentre la tv spopola e lo smartphone invade anche il letto (28 milioni di adulti navigano sul web di notte), nelle case sono più i forni a microonde che le lavastoviglie, scompare la segreteria telefonica e si fa largo la vasca idromassaggio.
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di PAOLO G. BRERA

La nuova famiglia? “Connessi anche a letto. E continua a comandare l’uomo”

Presentato oggi il 1° Rapporto Auditel-Censis su “Convivenze, relazioni e stili di vita”. Aumentano le convivenze per ragioni economiche, e il 17,6% dei bambini fino a 10 anni ha già il cellulare

Ci droghiamo di aria condizionata e mangiamo a colpi di microonde, conviviamo spesso per convenienza e ci portiamo sistematicamente a letto il web: la fotografia che ci ha scattato il “Primo rapporto Auditel-Censis su convivenze, relazioni e stili di vita delle famiglie italiane” è un bell’affondo al modello di famiglia tradizionale dei vecchi spot, quella tutta coccole e mulini bianchi.

Ai bambini “dai 4 ai 10 anni” invece dei biscottini fatti in casa ficchiamo in mano un bel cellulare o il tablet. Quando li facciamo, i figli: su cinque famiglie, tre li hanno e due no. Di tradizionale, in compenso, è rimasto il ruolo di comando: se cresce il numero di donne “capofamiglia”, a prendere tutte le decisioni importanti che non riguardino gli acquisti quotidiani o di elettrodomestici sono sempre gli uomini.

Il rapporto, presentato oggi in Senato, nasce da uno studio sulle risposte di ventimila famiglie intervistate nell’ultimo anno: ne emerge un paese con “sei milioni di donne capofamiglia” in cui scompare la segreteria telefonica e si fa largo la vasca idromassaggio, e in cui regina resta la tv: ancora oggi è più diffusa dello smartphone. Continua a leggere sul sito di Repubblica.it…