“La città di Don Bosco”, una passeggiata nei luoghi dove Don Bosco viveva le sue giornate attivissime

Si segnala l’articolo contenuto nel nº 10 della “Vita Diocesana Pinerolese” a cura di Luca Reteuna circa la visita del Rettor Maggiore a Torino per il 150º Anniversario della Basilica Maria Ausiliatrice:

 

Presentato a Torino il libro “La città di Don Bosco” in occasione dei 150 anni della Basilica di Maria Ausiliatrice
Vocazioni: ottimista il rettor maggiore salesiano

A VALDOCCO DICONO che arriva ancora della posta con su scritto semplicemente “Don Bosco, Torino”, probabilmente perché i Salesiani sono presenti in 132 Paesi e tutti sanno dov’è la città del santo, che diceva: «Camminate coi piedi per terra e col cuore abitate in cielo».

Un secolo e mezzo fa, in questa città, capitale per il tempo di un sogno troppo grande, si inaugurava la basilica di Maria Ausiliatrice e Don Àngel Fernández Artime, il Rettor Maggiore, che oggi guida circa quindicimila confratelli nel mondo, è venuto a Torino per l’occasione, presentando il libro (che non viene venduto, ma solo donato) “La città di Don Bosco”, una passeggiata nei luoghi dove il più famoso dei santi sociali viveva le sue giornate attivissime.

Si tratta di un testo fotografico e non a caso, perché il protagonista è il primo santo della storia ad essere stato ripreso da un’antenata ingombrante e complessa delle nostre moderne reflex (il numero di immagini d’epoca che lo ritraggono, sono soltanto inferiori a quelle di Vittorio Emanuele II e Garibaldi). Nonostante sia sugli altari dal 1934, per tutti è sempre semplicemente Don Bosco, per la sua grande umiltà ed enorme sensibilità, che gli faceva dire «Io ho sempre avuto bisogno di tutti» o che lo faceva arrampicare in cima ad una incerta impalcatura ottocentesca, per consolare un ragazzino in lacrime su un tetto, perché non riusciva a portare su tutti i mattoni che doveva.

In un periodo di seminari semi-vuoti e tenuto conto della prevista chiusura del noviziato di Monte Oliveto, sembrerebbe che anche i Salesiani stiano vivendo un periodo di carestia vocazionale, ma il Rettor Maggiore ci ha smentito con la sua garbata fermezza: «La nostra decisione di lasciare Pinerolo – ha affermato – dopo il dialogo anche con sua eccellenza il vescovo, non è per mancanza di vocazioni: vogliamo spostare il noviziato in un posto che oggi per noi è molto significativo, che è il Colle Don Bosco, che sono i Becchi. I novizi continuano ad esserci. Abbiamo lì quelli provenienti da una parte d’Italia e d’Europa e a Genzano quanti arrivano da un’altra parte e in tutta
l’Europa abbiamo quattro noviziati. In tutto il mondo, in tutti gli anni riceviamo un grande dono del Signore: più di quattrocentocinquanta novizi. Qui in Italia, come in gran parte dell’Europa, la realtà è più povera e sarebbe bellissimo averne di più, però in tutte le ispettorie ne abbiamo tre, quattro, cinque. Lavoriamo per una grande speranza con serenità e per questo crediamo che sarà un posto bellissimo per il noviziato, perché i novizi avranno la possibilità di vivere dove è nato Don Bosco e anche accogliere i tanti che vengono. Questa è un po’ l’intenzione. Ci dispiace per Pinerolo, è vero, però oggi c’è posto al Colle don Bosco, che è un luogo bellissimo per il noviziato, un posto che parla per se stesso».