Continuano i festeggiamenti per il trentennale della Cooperativa Sociale E.T.

Si riporta la notizia relativa al trentennale della Cooperativa Sociale E.T. , ringranziando “La Voce e il Tempo”,  e la giornalista Marina Lomunno, autrice dell’articolo pubblicato.

Per un’occasione di crescita. Con questa motivazione nasceva 30 anni fa a Torino, la cooperativa sociale ET, Educativa Territoriale. Ai tempi l’educativa di strada muoveva i primi passi, era quasi un extraterrestre (di qui il nome ET dal celeberrimo film di Spielberg), ma per chi lanciò questa sfida – un salesiano, don Emilio Zeni, e alcuni cooperatori salesiani – non c’era nulla di nuovo: già don Bosco con il suo sistema preventivo – a cui si ispira il lavoro della cooperativa – nella Torino dell’800 andava a cercare i suoi ragazzi per strada e nelle carceri. Così, celebrare il trentennio di attività «per offrire occasioni di crescita» a partire dai bisogni dei giovani più fragili proprio a Valdocco, come è accaduto ieri con il convegno «Se trent’anni vi sembrano pochi», è l’occasione per riflettere su chi sono i giovani più poveri oggi, al di là delle semplificazioni che riducono i ragazzi difficili del 2018 a “baby gang” o a “Neet”. «Dal 1987 E.T. ne ha fatta di strada» ha sottolineato il presidente Andrea Calabrese, presentando una realtà, aderente a Confcooperative, che oggi impiega 110 operatori ci cui 90 soci lavoratori.

«Tutti impegnati nell’educativa di strada per far fronte alla devianza giovanile a Torino e nelle periferie dove l’educatore lavora tra il cortile, il cancello della comunità, la panchina e si spinge fino dentro le nuove frontiere dell’educazione che sono i centri commerciali e l’integrazione dei migranti. Ma anche con il settore “Animando” che si rivolge direttamente alle famiglie, con gli educatori a domicilio, per affrontare problemi di apprendimento, disturbi dell’alimentazione o bisogni educativi speciali».

Una storia vissuta fra gli alti e bassi del welfare, ma che ha mantenuto vive le premesse «di creare un ente che rispecchiasse il carisma salesiano e che fosse a servizio del territorio per abitare i sogni dei ragazzi nessuno escluso», come ha evidenziato don Enrico Stasi, ispettore dei salesiani del Piemonte e della Valle d’Aosta «e per dare opportunità di futuro stringendo alleanze educative con le istituzioni e le fondazioni». Ed ecco perché, tra gli intervenuti, sia l’assessore regionale alle Politiche giovanili Monica Cerutti che Sonia Schellino, assessore alle Politiche sociali del Comune di Torino come pure i rappresentati di Fondazione Crt e Compagnia di San Paolo hanno rilevato quanto iniziative come ET siano necessarie per aiutare le istituzioni a non considerare i giovani solo come “problema”. Nella tavola rotonda, moderata dal salesiano don Domenico Ricca, cappellano del Carcere minorile torinese “Ferrante Aporti” con don Luca Ramello, direttore dell’Ufficio giovani della diocesi e don Stefano Mondin, responsabile della pastorale giovanile salesiana subalpina, è stato invitato Luciano Moia, caporedattore di Avvenire che ha chiesto ai numerosi educatori in sala di

«far sapere con più forza i tanti successi educativi che realtà come ET, facendo rete nel territorio e unendo positività, raggiungono con tanti adolescenti a cui la famiglia o la scuola non danno più ascolto. Se non ci facciamo sentire prenderà sempre più il sopravvento la cultura dominante che presenta il mondo giovanile dipingendolo violento o attraverso gli stereotipi dell’ideologia del gender».

 

Nell’edizione de “La Voce e Il Tempo” di domenica 11 Febbraio 2018, un nuovo editoriale sul tema giovani e politiche sociali dal titolo “Baby gang, neet? I ragazzi non sono solo problemi”

Educare per strada per «dare occasioni di crescita»: con questa motivazione nasceva 30 anni fa a Torino, alla vigilia
delle celebrazioni del primo centenario dalla morte di don Bosco, la cooperativa sociale E.T. , Educativa di Territorio.

Nel 1987 l’educativa di strada muoveva i primi passi, era quasi un extraterrestre (di qui il nome E.T dal film cult di Spielberg), ma per chi lanciò questa sfida – un salesiano, don Emilio Zeni, e alcuni cooperatori salesiani – non c’era nulla di nuovo: già don Bosco con il suo sistema preventivo – a cui si ispira il lavoro della cooperativa – nella Torino dell’800 andava a cercare i suoi ragazzi per strada, nelle carceri, nei borghi più desolati della città.
Così, celebrare il trentennio di attività «per offrire occasioni di crescita» a partire dai bisogni dei giovani più fragili proprio a Valdocco, come è accaduto venerdì 2 febbraio con il convegno «Se trent’anni vi sembrano pochi», è stata l’occasione per riflettere chi sono i giovani più poveri oggi, al di là delle semplificazioni che riducono i ragazzi difficili del 2018 a «baby gang» o a «neet», come ha evidenziato l’assessore regionale alle Politiche giovanili Monica Cerutti, ringraziando a nome della Regione il mondo salesiano. «Dal 1987 E.T. ne ha fatta di strada» ha introdotto il presidente Andrea Calabrese, presentando una realtà, aderente a Confcooperative, che oggi impiega 110 operatori di cui 90 soci lavoratori. «Tutti impegnati nell’educativa di strada per far fronte alla devianza giovanile a Torino e nelle periferie dove l’educatore lavora tra il cortile, il cancello della comunità, la panchina e si spinge fino dentro le nuove frontiere dell’educazione che sono i centri commerciali e l’integrazione dei migranti». Ma anche con il settore «Animando», che si occupa di animazione con un taglio educativo, e poi con le attività della Cooperativa che si rivolge direttamente alle famiglie, con gli educatori a domicilio, per affrontare problemi di apprendimento, disturbi
dell’alimentazione o bisogni educativi speciali. Una storia vissuta fra gli alti e bassi del welfare, ma che ha mantenuto vive le premesse «di creare un ente che rispecchiasse il carisma salesiano e che fosse a servizio del territorio per abitare i sogni dei ragazzi, nessuno escluso» come ha evidenziato don Enrico Stasi, ispettore dei salesiani del Piemonte e della Valle d’Aosta «e per dare opportunità di futuro stringendo alleanze educative con le istituzioni e le fondazioni».

Ed ecco perché, tra gli intervenuti, sia l’assessore Cerutti che Sonia Schellino, assessore alle Politiche sociali del Comune di Torino come pure i rappresentati di Fondazione Crt e Compagnia di San Paolo hanno rilevato quanto iniziative come E.T. siano necessarie per aiutare le istituzioni a non considerare i giovani solo come «problema» ma persone da valorizzare e accompagnare nella crescita. Ne è convinto anche Luca Facta, direttore di Federsolidarietà Piemonte (Confcooperative) che ha evidenziato come realtà come E.T. operino in linea con la Dottrina sociale della Chiesa che mette al centro del lavoro l’uomo e la
sua dignità e per questo, in un periodo storico dove sembra affermarsi solo la logica del profitto, il mondo cooperativistico di ispirazione cristiana «deve essere più visibile».

Nella tavola rotonda, moderata dal salesiano don Domenico Ricca, cappellano del Carcere minorile torinese «Ferrante Aporti» con don Luca Ramello, direttore dell’Ufficio giovani della diocesi e don Stefano Mondin, responsabile della pastorale giovanile salesiana subalpina, è stato invitato Luciano Moia, caporedattore di Avvenire a cui è stato chiesto come il mondo dei media «legge la realtà giovanile». Moia, riprendendo l’invito di Luca Facta, ha chiesto ai numerosi educatori in sala di «far sapere con più forza i tanti successi educativi che realtà come E.T., facendo rete nel territorio e unendo positività, ogni giorno faticosamente raggiungono con tanti adolescenti a cui la famiglia o la scuola non danno più ascolto. Se non ci facciamo sentire prenderà sempre più il sopravvento la cultura dominante che presenta il mondo giovanile dipingendolo violento o attraverso gli stereotipi dell’ideologia del gender».