Musei in Missione: primo incontro dei musei salesiani di tutto il mondo

Dal sito del Museo Casa Don Bosco di Valdocco.

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Dal 18 al 22 gennaio si è svolto presso il Colle Don Bosco il primo incontro dei musei salesiani a livello globale.

È la prima volta nella Congregazione che viene realizzata una simile iniziativa.

Sono stati undici i musei salesiani che hanno partecipato al raduno con un totale di ventiquattro salesiani e laici: per lo più di musei situati in America Latina (Ecuador, Brasile, Argentina e Cile), cui si aggiungono uno dell’India, uno della Spagna e Italiani, tra cui il Museo Casa Don Bosco.

“Tutte le istituzioni salesiane devono essere una chiesa, una scuola, una casa e un cortile. E ogni museo è un’istituzione culturale ed educativa. I salesiani evangelizzano educando. Così ogni museo, anche se la sua collezione è costituita solo da oggetti della natura o legati alla vita di una persona, può diventare un’istituzione educativa e quindi evangelizzatrice, attraverso il modo in cui trattiamo gli oggetti della nostra collezione e la nostra interazione con i visitatori”

ha spiegato don George Menamparampil, che ha coordinato l’incontro da parte del Settore per le Missioni salesiane.

Al termine di questo incontro, il Settore Missioni della Congregazione Salesiana mira anche a formare una rete di musei salesiani nel mondo, così da favorire l’apprendimento reciproco, il sostegno e la crescita negli anni a venire e stabilire meccanismi e processi per animare questa rete e promuovere una collaborazione continua.

Intelligenza artificiale e sapienza del cuore: per una comunicazione pienamente umana

Di seguito il messaggio di Papa Francesco per la 58ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali che quest’anno si celebra, in molti Paesi, il 12 maggio 2024 sul tema: Intelligenza artificiale e sapienza del cuore: per una comunicazione pienamente umana. Il messaggio viene pubblicato oggi in occasione della Festa di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti.

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Cari fratelli e sorelle!

L’evoluzione dei sistemi della cosiddetta “intelligenza artificiale”, sulla quale ho già riflettuto nel recente Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, sta modificando in modo radicale anche l’informazione e la comunicazione e, attraverso di esse, alcune basi della convivenza civile. Si tratta di un cambiamento che coinvolge tutti, non solo i professionisti. L’accelerata diffusione di meravigliose invenzioni, il cui funzionamento e le cui potenzialità sono indecifrabili per la maggior parte di noi, suscita uno stupore che oscilla tra entusiasmo e disorientamento e ci pone inevitabilmente davanti a domande di fondo: cosa è dunque l’uomo, qual è la sua specificità e quale sarà il futuro di questa nostra specie chiamata homo sapiens nell’era delle intelligenze artificiali? Come possiamo rimanere pienamente umani e orientare verso il bene il cambiamento culturale in atto?

A partire dal cuore

Innanzitutto conviene sgombrare il terreno dalle letture catastrofiche e dai loro effetti paralizzanti. Già un secolo fa, riflettendo sulla tecnica e sull’uomo, Romano Guardini invitava a non irrigidirsi contro il “nuovo” nel tentativo di «conservare un bel mondo condannato a sparire». Al tempo stesso, però, in modo accorato ammoniva profeticamente: «Il nostro posto è nel divenire. Noi dobbiamo inserirvici, ciascuno al proprio posto (…), aderendovi onestamente ma rimanendo tuttavia sensibili, con un cuore incorruttibile, a tutto ciò che di distruttivo e di non umano è in esso». E concludeva: «Si tratta, è vero, di problemi di natura tecnica, scientifica, politica; ma essi non possono esser risolti se non procedendo dall’uomo. Deve formarsi un nuovo tipo umano, dotato di una più profonda spiritualità, di una libertà e di una interiorità nuove»[1].

In quest’epoca che rischia di essere ricca di tecnica e povera di umanità, la nostra riflessione non può che partire dal cuore umano[2]. Solo dotandoci di uno sguardo spirituale, solo recuperando una sapienza del cuore, possiamo leggere e interpretare la novità del nostro tempo e riscoprire la via per una comunicazione pienamente umana. Il cuore, inteso biblicamente come sede della libertà e delle decisioni più importanti della vita, è simbolo di integrità, di unità, ma evoca anche gli affetti, i desideri, i sogni, ed è soprattutto luogo interiore dell’incontro con Dio. La sapienza del cuore è perciò quella virtù che ci permette di tessere insieme il tutto e le parti, le decisioni e le loro conseguenze, le altezze e le fragilità, il passato e il futuro, l’io e il noi.

Questa sapienza del cuore si lascia trovare da chi la cerca e si lascia vedere da chi la ama; previene chi la desidera e va in cerca di chi ne è degno (cfr Sap 6,12-16). Sta con chi accetta consigli (cfr Pr 13,10), con chi ha il cuore docile, un cuore che ascolta (cfr 1 Re 3,9). Essa è un dono dello Spirito Santo, che permette di vedere le cose con gli occhi di Dio, di comprendere i nessi, le situazioni, gli avvenimenti e di scoprirne il senso. Senza questa sapienza l’esistenza diventa insipida, perché è proprio la sapienza – la cui radice latina sapere la accomuna al sapore – a donare gusto alla vita.

Opportunità e pericolo

Non possiamo pretendere questa sapienza dalle macchine. Benché il termine intelligenza artificiale abbia ormai soppiantato quello più corretto, utilizzato nella letteratura scientifica, machine learning, l’utilizzo stesso della parola “intelligenza” è fuorviante. Le macchine possiedono certamente una capacità smisuratamente maggiore rispetto all’uomo di memorizzare i dati e di correlarli tra loro, ma spetta all’uomo e solo a lui decodificarne il senso. Non si tratta quindi di esigere dalle macchine che sembrino umane. Si tratta piuttosto di svegliare l’uomo dall’ipnosi in cui cade per il suo delirio di onnipotenza, credendosi soggetto totalmente autonomo e autoreferenziale, separato da ogni legame sociale e dimentico della sua creaturalità.

In realtà, l’uomo da sempre sperimenta di non bastare a sé stesso e cerca di superare la propria vulnerabilità servendosi di ogni mezzo. A partire dai primi manufatti preistorici, utilizzati come prolungamenti delle braccia, attraverso i media impiegati come estensione della parola, siamo oggi giunti alle più sofisticate macchine che agiscono come ausilio del pensiero. Ognuna di queste realtà può però essere contaminata dalla tentazione originaria di diventare come Dio senza Dio (cfr Gen 3), cioè di voler conquistare con le proprie forze ciò che andrebbe invece accolto come dono da Dio e vissuto nella relazione con gli altri.

A seconda dell’orientamento del cuore, ogni cosa nelle mani dell’uomo diventa opportunità o pericolo. Il suo stesso corpo, creato per essere luogo di comunicazione e comunione, può diventare mezzo di aggressività. Allo stesso modo ogni prolungamento tecnico dell’uomo può essere strumento di servizio amorevole o di dominio ostile. I sistemi di intelligenza artificiale possono contribuire al processo di liberazione dall’ignoranza e facilitare lo scambio di informazioni tra popoli e generazioni diverse. Possono ad esempio rendere raggiungibile e comprensibile un enorme patrimonio di conoscenze scritto in epoche passate o far comunicare le persone in lingue per loro sconosciute. Ma possono al tempo stesso essere strumenti di “inquinamento cognitivo”, di alterazione della realtà tramite narrazioni parzialmente o totalmente false eppure credute – e condivise – come se fossero vere. Basti pensare al problema della disinformazione che stiamo affrontando da anni nella fattispecie delle fake news[3] e che oggi si avvale del deep fake, cioè della creazione e diffusione di immagini che sembrano perfettamente verosimili ma sono false (è capitato anche a me di esserne oggetto), o di messaggi audio che usano la voce di una persona dicendo cose che la stessa non ha mai detto. La simulazione, che è alla base di questi programmi, può essere utile in alcuni campi specifici, ma diventa perversa là dove distorce il rapporto con gli altri e la realtà.

Della prima ondata di intelligenza artificiale, quella dei social media, abbiamo già compreso l’ambivalenza toccandone con mano, accanto alle opportunità, anche i rischi e le patologie. Il secondo livello di intelligenze artificiali generative segna un indiscutibile salto qualitativo. È importante quindi avere la possibilità di comprendere, capire e regolamentare strumenti che nelle mani sbagliate potrebbero aprire scenari negativi. Come ogni altra cosa uscita dalla mente e dalle mani dell’uomo, anche gli algoritmi non sono neutri. Perciò è necessario agire preventivamente, proponendo modelli di regolamentazione etica per arginare i risvolti dannosi e discriminatori, socialmente ingiusti, dei sistemi di intelligenza artificiale e per contrastare il loro utilizzo nella riduzione del pluralismo, nella polarizzazione dell’opinione pubblica o nella costruzione di un pensiero unico. Rinnovo dunque il mio appello esortando «la Comunità delle nazioni a lavorare unita al fine di adottare un trattato internazionale vincolante, che regoli lo sviluppo e l’uso dell’intelligenza artificiale nelle sue molteplici forme»[4].Tuttavia, come in ogni ambito umano, la regolamentazione non basta.

Crescere in umanità

Siamo chiamati a crescere insieme, in umanità e come umanità. La sfida che ci è posta dinanzi è di fare un salto di qualità per essere all’altezza di una società complessa, multietnica, pluralista, multireligiosa e multiculturale. Sta a noi interrogarci sullo sviluppo teorico e sull’uso pratico di questi nuovi strumenti di comunicazione e di conoscenza. Grandi possibilità di bene accompagnano il rischio che tutto si trasformi in un calcolo astratto, che riduce le persone a dati, il pensiero a uno schema, l’esperienza a un caso, il bene al profitto, e soprattutto che si finisca col negare l’unicità di ogni persona e della sua storia, col dissolvere la concretezza della realtà in una serie di dati statistici.

La rivoluzione digitale può renderci più liberi, ma non certo se ci imprigiona nei modelli oggi noti come echo chamber. In questi casi, anziché accrescere il pluralismo dell’informazione, si rischia di trovarsi sperduti in una palude anonima, assecondando gli interessi del mercato o del potere. Non è accettabile che l’uso dell’intelligenza artificiale conduca a un pensiero anonimo, a un assemblaggio di dati non certificati, a una deresponsabilizzazione editoriale collettiva. La rappresentazione della realtà in big data, per quanto funzionale alla gestione delle macchine, implica infatti una perdita sostanziale della verità delle cose, che ostacola la comunicazione interpersonale e rischia di danneggiare la nostra stessa umanità. L’informazione non può essere separata dalla relazione esistenziale: implica il corpo, lo stare nella realtà; chiede di mettere in relazione non solo dati, ma esperienze; esige il volto, lo sguardo, la compassione oltre che la condivisione.

Penso al racconto delle guerre e a quella “guerra parallela” che si fa tramite campagne di disinformazione. E penso a quanti reporter sono feriti o muoiono sul campo per permetterci di vedere quello che i loro occhi hanno visto. Perché solo toccando con mano la sofferenza dei bambini, delle donne e degli uomini, si può comprendere l’assurdità delle guerre.

L’uso dell’intelligenza artificiale potrà contribuire positivamente nel campo della comunicazione, se non annullerà il ruolo del giornalismo sul campo, ma al contrario lo affiancherà; se valorizzerà le professionalità della comunicazione, responsabilizzando ogni comunicatore; se restituirà ad ogni essere umano il ruolo di soggetto, con capacità critica, della comunicazione stessa.

Interrogativi per l’oggi e il domani

Alcune domande sorgono dunque spontanee: come tutelare la professionalità e la dignità dei lavoratori nel campo della comunicazione e della informazione, insieme a quella degli utenti in tutto il mondo? Come garantire l’interoperabilità delle piattaforme? Come far sì che le aziende che sviluppano piattaforme digitali si assumano le proprie responsabilità rispetto a ciò che diffondono e da cui traggono profitto, analogamente a quanto avviene per gli editori dei media tradizionali? Come rendere più trasparenti i criteri alla base degli algoritmi di indicizzazione e de-indicizzazione e dei motori di ricerca, capaci di esaltare o cancellare persone e opinioni, storie e culture? Come garantire la trasparenza dei processi informativi? Come rendere evidente la paternità degli scritti e tracciabili le fonti, impedendo il paravento dell’anonimato? Come rendere manifesto se un’immagine o un video ritraggono un evento o lo simulano? Come evitare che le fonti si riducano a una sola, a un pensiero unico elaborato algoritmicamente? E come invece promuovere un ambiente adatto a preservare il pluralismo e a rappresentare la complessità della realtà? Come possiamo rendere sostenibile questo strumento potente, costoso ed estremamente energivoro? Come possiamo renderlo accessibile anche ai paesi in via di sviluppo?

Dalle risposte a questi e ad altri interrogativi capiremo se l’intelligenza artificiale finirà per costruire nuove caste basate sul dominio informativo, generando nuove forme di sfruttamento e di diseguaglianza; oppure se, al contrario, porterà più eguaglianza, promuovendo una corretta informazione e una maggiore consapevolezza del passaggio di epoca che stiamo attraversando, favorendo l’ascolto dei molteplici bisogni delle persone e dei popoli, in un sistema di informazione articolato e pluralista. Da una parte si profila lo spettro di una nuova schiavitù, dall’altra una conquista di libertà; da una parte la possibilità che pochi condizionino il pensiero di tutti, dall’altra quella che tutti partecipino all’elaborazione del pensiero.

La risposta non è scritta, dipende da noi. Spetta all’uomo decidere se diventare cibo per gli algoritmi oppure nutrire di libertà il proprio cuore, senza il quale non si cresce nella sapienza. Questa sapienza matura facendo tesoro del tempo e abbracciando le vulnerabilità. Cresce nell’alleanza fra le generazioni, fra chi ha memoria del passato e chi ha visione di futuro. Solo insieme cresce la capacità di discernere, di vigilare, di vedere le cose a partire dal loro compimento. Per non smarrire la nostra umanità, ricerchiamo la Sapienza che è prima di ogni cosa (cfr Sir 1,4), che passando attraverso i cuori puri prepara amici di Dio e profeti (cfr Sap 7,27): ci aiuterà ad allineare anche i sistemi dell’intelligenza artificiale a una comunicazione pienamente umana.

Roma, San Giovanni in Laterano, 24 gennaio 2024

FRANCESCO

Convegno Comunicazione 2024: “Shaping Tomorrow”

Dall’agenzia ANS.

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Dall’1 al 7 agosto 2024, presso le strutture dell’Università Pontificia Salesiana (UPS) di Roma, avrà luogo il Convegno Comunicazione 2024, dal titolo “Shaping Tomorrow” (Dare forma al domani), un’iniziativa del Settore per la Comunicazione della Congregazione Salesiana e della Facoltà di Scienze della Comunicazione Sociale dell’UPS.

Il Convegno avrà un carattere scientifico, educativo e pratico e sarà anche una continuazione delle attività e dei temi della Scuola di Comunicazione e in parte degli eventi legati al Bicentenario del Sogno di Don Bosco dei 9 anni. Inoltre, darà l’opportunità ai partecipanti di visitare Roma, i luoghi salesiani e i media legati al Vaticano.

“Stiamo organizzando questo evento principalmente per i Delegati per la Comunicazione di tutto il mondo e per chi lavora con loro. Pertanto, oltre ai Delegati, sono invitate a partecipare all’incontro anche altre persone coinvolte nel lavoro di comunicazione”

afferma don Maciej Makula, coordinatore dell’iniziativa.

L’obiettivo principale del convegno, che si sviluppa lungo le linee guida del Settore per una comunicazione evangelica, sinodale, salesiana, convergente e artistica, è quello di aiutare a orientare la comunicazione sociale nella Famiglia Salesiana (FS), come pure aiutare ad educare a una comunicazione sociale corretta ed efficace all’interno della stessa FS. Contemporaneamente, il Convegno Comunicazione 2024 mira anche a conoscere ed approfondire sempre di più il mondo della comunicazione dei giovani, con i giovani e per i giovani, e di creare reti mondiali di narrazione comunicativa, per far crescere cristiani maturi e cittadini onesti. Perché comunicare per i salesiani significa sempre anche educare e testimoniare.

Tanti saranno gli argomenti che verranno affrontati durante il programma; ecco di seguito i principali temi di confronto:

  • Comunicare per crescere insieme e farsi prossimo;
  • Cambiamento epocale: cultura digitale e Intelligenza Artificiale;
  • Educatori e comunicatori nell’infosfera;
  • Creatori di nuovi linguaggi e paradigmi per l’evangelizzazione;
  • Comunicazione interna ed esterna nella Chiesa e nella Congregazione salesiana;
  • Ecologia, cambiamenti climatici, migranti e i rifugiati;
  • La comunicazione dell’incontro;
  • Linee guida della comunicazione salesiana.

Presentando il Convegno Comunicazione 2024, ideato e fortemente sostenuto dal Settore per la Comunicazione Sociale (CS), il Consigliere Generale per la Comunicazione Sociale, don Gildasio Mendes, ha commentato:

“Si tratta di un appuntamento davvero rilevante, perché è parte importante del ‘sogno’ che coltiviamo per la comunicazione della Congregazione. Attraverso di esso intendiamo formare i Delegati di tutto il mondo sui temi più emergenti della realtà odierna, dare vita ad una rete di comunicazione aperta, integrata ed efficace al servizio della Chiesa e arricchirci mutuamente nello scambio reciproco di esperienze e visioni”.

Attualmente sono ancora aperte le iscrizioni da parte dei Delegati per la CS e degli altri loro collaboratori che intendano partecipare; mentre nelle prossime settimane e nei mesi a seguire verranno offerti ulteriori spunti e comunicazioni che illustreranno con maggiore ricchezza i vari contenuti, significati, relatori e finalità dell’evento.

Sin da ora, intanto, è possibile visitare il sito: https://www.shapingtomorrowsdb.org/.

Italia – Il dinamismo apostolico di Don Bosco incalza i suoi Figli. E la Famiglia Salesiana, matura, lo segue… “alla lettera”

Dall’agenzia ANS.

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(ANS – Torino) – La celebrazione eucaristica presieduta dal Cardinale Ángel Fernández Artime, Rettor Maggiore, ha aperto la 4° giornata dell’incontro della Famiglia Salesiana a Valdocco.

“La presenza qui di tantissimi Salesiani di Don Bosco da vari continenti, della Famiglia Salesiana con i superiori maggiori, i coordinatori e i presidenti mondiali dei gruppi” ha sottolineato, “è simbolo molto forte della famiglia di Don Bosco, qui presente anche per testimoniare l’impegno di fedeltà per il Regno nella Chiesa”.

Le letture della liturgia del giorno, in modo diverso connesse al tema della chiamata di Dio e dell’azione dell’uomo a seguito di questa, hanno preceduto l’ascolto di una “lettera del sacerdote Gio’ Bosco” che ne è come l’attuazione nel tempo odierno. Come è stato spiegato poi al termine della mattinata, si tratta della sintesi della riflessione e della preghiera dei partecipanti alle Giornate di Spiritualità Salesiana sul tema del Sogno dei Nove Anni.

L’inserimento di questo testo nell’omelia del Rettor Maggiore ha creato una forte attenzione fra i fedeli presenti o connessi in streaming. Usando le parole e il cuore di Don Bosco, è stata suggellata l’intuizione della Strenna 2024 – a duecento anni dall’evento che coinvolse il piccolo Giovanni e attraverso di lui il vasto movimento salesiano nella Chiesa – sul valore attuale e propulsivo di quella chiamata. “Se siete qui oggi è perché siete stati scelti per una missione. Questa è la vostra vocazione: voi siete chiamati a continuare quello che io ho incominciato. A realizzare tutti i sogni di Dio che sono anche i miei. E a realizzarli insieme, in famiglia” ha letto il Cardinale Á.F. Artime.

La concelebrazione solenne ha dunque assunto un carattere rifondativo per la Famiglia salesiana, non perché occorra calibrare un’azione già ampiamente generosa sul piano del servizio alla gioventù di tutto il mondo, ma perché questa sia riscaldata dal calore, che non è solo sentimentale ma anche teologico, del “sogno”. Dunque, questa lettera, “inaspettata” come ha precisato il celebrante – certamente non miracolosa ma sì espressione di un miracolo di bene che si ripete ogni giorno nei 136 Paesi toccati dal carisma salesiano – merita di essere riascoltata (l’omelia si trova dal minuto 1:01:01 di questo video).

Giona, come ha ricordato la prima lettura, si era spaventato della chiamata di Dio, troppo impegnativa. Ma è stato ri-accompagnato, dalle vicende da lui vissute, a quell’invito e ad accettarlo. “Anche noi abbiamo ricevuto il battesimo che è la nostra personale chiamata” ha ricordato il Rettor Maggiore, che ha avvertito: “Non abbiamo diritto di scoraggiarci, di vivere senza forti motivi di speranza”. Un pensiero che, applicato alla Famiglia Salesiana, si esprime con un “non abbiamo diritto di non essere profetici, di non essere coraggiosi, di non significare qualche cosa di buono per il mondo e per la Chiesa”.

Ecco l’attualità e la forza del sogno di Don Bosco. La “lettera” afferma: “Vi chiedo di partire. Ancora una volta, partire. Senza tregua, incessantemente partire. Come Abramo, come Giuseppe e Maria, come Levi, Simone, Andrea e tutti gli altri”. Il X Successore di Don Bosco ha ancora letto qualche frase della lettera: “Sia questa la vostra direzione: andare in Paradiso e portare con voi quanti più ragazzi, ragazze e giovani possibile”.

L’effetto condiviso è stato che le parole sembrassero proprio uscire dalla bocca di Don Bosco: conseguenza della fedeltà alle origini del carisma e della forte comunione di intenti della Famiglia Salesiana che si è riunita in questi giorni con piena disponibilità a farsi affascinare ancora una volta dalla dimensione del sogno. Che è parente stretto della poesia.

Come ha poi spiegato in assemblea don Joan Lluís Playà, Delegato centrale per il Segretariato per la Famiglia Salesiana, il testo ha avuto una intensa preparazione nella giornata di sabato. I gruppi linguistici hanno prodotto una sintesi delle Giornate, che è stata riassunta in 12 pagine a loro volta rimeditate e riscritte dalla Segreteria in un processo fedele, teso a estrarre i pensieri più essenziali per la mente. Poi la mano di don Bruno Ferrero, pedagogo e scrittore sensibile, ha dato la veste lirica per toccare il cuore.

L’inedita “lettera di Don Bosco 2024”, tradotta nelle lingue dei presenti, è stata letta integralmente all’assemblea alla chiusura dei lavori: un ulteriore di richiamo alle radici della spiritualità salesiana, cordiale ma esigente:

“Ovunque siate, costruite! In piedi, sempre. Se siete a terra, alzatevi! Il mondo ha bisogno di voi! Amate le persone. Amatele a una a una. Rispettate il cammino di tutti, lineare o tormentato che sia, perché ogni persona è sacra. Piangete con chi piange, ma lavorate perché non ci siano più lacrime in questo mondo. Il vostro modo di amare sia una potenza di trasformazione che porta alla felicità. Abbiate un amore limpido, seminate allegria e ovunque passate siate una benedizione. Non sciupate la vostra vita. Contagiate il mondo con la vostra gioia”.

C’è stato il tempo di vedere il video di presentazione di uno degli ultimi gruppi associati alla Famiglia Salesiana, quello delle Suore della Visitazione di Don Bosco, congregazione religiosa femminile dedicata ai bisognosi di cure materiali e spirituali, fondata dal salesiano indiano, arcivescovo di Shillong-Guwahati, Mons. Hubert D’Rosario: esempio lampante di come incarnare nelle periferie del mondo il dinamismo apostolico di Don Bosco, tanto da maturare in venticinque anni una presenza missionaria all’estero, in Sudan del Sud.

A conclusione dell’evento il Rettor Maggiore ha commentato queste giornate traendone un bilancio positivo: “Abbiamo mostrato la maturità della Famiglia salesiana”. È stato l’ultimo saluto alle Giornate in veste di Rettor Maggiore. Ora questo Figlio di Don Bosco si appresta ad un servizio più vicino al Papa: un “sogno” anche questo.

L’inedita “lettera di Don Bosco 2024” si trova disponibile a fondo pagina in diverse lingue.

I Sogni di Don Bosco: una novena per conoscerli, approfondirli e riceverne nuove energie

Dall’agenzia ANS.

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(ANS – Roma) – Inizia oggi, 22 gennaio, la novena in preparazione alla festa del Padre e Maestro dei Giovani, San Giovanni Bosco.

In quest’anno bicentenario del Sogno dei Nove Anni, l’Agenzia iNfo Salesiana vuole accompagnare questo cammino di preparazione con un percorso tematico tra i suoi innumerevoli “sogni”, per lasciarci ancora una volta guidare da Don Bosco e dalle sue profetiche visioni.

Don Bosco aveva un particolare dialogo con Dio: Egli gli parlava attraverso i sogni. Non erano mai delle comunicazioni dirette, ma sempre allegoriche, un po’ come nei Vangeli spesso Gesù parlava in parabole.

Qui vediamo una caratteristica importantissima del Santo: la disponibilità a lasciarsi guidare da un padre spirituale. Sempre, infatti, egli domandava e interrogava chi in quel momento lui riteneva la sua guida, sull’interpretazioni di questi sogni e cosa Dio volesse da lui.

E sul valore dei suoi sogni, lo stesso Don Bosco, inizialmente dubitava.

“Molte volte li attribuivo a scherzi della fantasia. Raccontando quei sogni, annunciando morti imminenti, predicendo il futuro, più volte ero rimasto nell’’incertezza, non fidandomi di aver compreso e temendo di dire bugie. Alcune volte mi confessai da don Cafasso di questo, secondo me, azzardato parlare”.

A sua volta, don Eugenio Ceria, biografo di Don Bosco, che compilò gli ultimi nove volumi delle Memorie Biografiche, classifica i sogni di Don Bosco in tre gruppi:

  • sogni che non sono altro che semplici sogni notturni;
  • sogni che non furono sogni, ma vere visioni avvenute in pieno giorno;
  • sogni fatti di notte, che rivelano cose oscure o future.

È difficile però distinguere tra le tre categorie. Ad esempio, una volta, Don Bosco sognò di trovarsi nella Basilica di San Pietro a Roma, dentro la grande nicchia che si apre sotto il cornicione a destra della navata centrale, perpendicolarmente alla statua bronzea di san Pietro e al medaglione in mosaico di Pio IX. Egli non sa capacitarsi come sia capitato lassù. Vuole scendere. Chiama, grida, ma nessuno risponde. Finalmente, vinto dall’angoscia, si sveglia. Un sogno da cattiva digestione, si direbbe. Ma chi guarda oggi quella nicchia di San Pietro vi vede la grandiosa statua di Don Bosco dello scultore Canonica. E allora si capisce che la cattiva digestione non c’entrava.

Innumerevoli sono stati i sogni riportati da Don Bosco: la prima raccolta completa, tratta dalle Memorie Biografiche, è quella di Rodolfo Fierro Torres, che ne trascrive e traduce 153, tra lunghi e brevi. Fausto Jiménez, che rivede e integra questa collezione, restituisce l’elenco cronologico di 159 sogni, offrendone anche i riferimenti bibliografici.

Tra tutti i sogni, alcuni sono certamente più significativi e rilevanti di altri: se il 2024 è dedicato da tutta la Famiglia Salesiana all’approfondimento del Sogno dei Nove Anni è proprio per il suo enorme valore carismatico.

Altre classificazioni fatte da varie autori hanno cercato di raggrupparli per finalità: don Giovanni Battista Lemoyne, altro noto biografo di Don Bosco, li divideva in quattro gruppi:

“la prima abbraccia quelli che gli indicavano le opere da compiere e il modo in cui compierle; la seconda quelli che gli svelavano lo stato delle coscienze, vocazioni, le morti imminenti; la terza categoria abbraccia i sogni didattici; infine vengono quelli che gli schieravano innanzi future vicende della Chiesa e delle nazioni”.

Una ripartizione che, come tutte le classificazioni, scrisse in materia don Pietro Scotti, SDB, “si applica sempre, più o meno propriamente alla realtà. Quanti sogni infatti sono insieme e didattici e profetici!

Ben consapevoli di questa vastità del campo onirico e visionario di Don Bosco; della difficoltà di separare i sogni dagli elementi aggiunti dalla tradizione o dallo stesso Don Bosco per fini pastorali; e della ristrettezza di spazio di queste poche giornate che ci separano dalla festa, nei prossimi giorni ANS cercherà, ad ogni modo, di presentare nove sogni di Don Bosco, alcuni più celebri, altri meno, provando a presentare attraverso di essi tre diverse tipologie dei sogni di Don Bosco:

  • quelli dalla valenza educativo-pedagogica per i giovani;
  • quelli cosiddetti “missionari”;
  • quelli di portata profetica per la Congregazione e la Chiesa tutta.

Sarà un modo, anche questo, per continuare a portare avanti la missione di Don Bosco e il suo sogno per i giovani di tutto il mondo.

Salesiani per il Sociale, Siamo con voi: la storia Mahdi e Tayeba, da Kabul a Prato per il sogno di una vita felice

Dal sito di Salesiani per il Sociale.

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Raccontiamo la storia della famiglia Moshtaq, scappata da Kabul dopo la presa dell’Afghanistan da parte dei talebani e accolta a Prato grazie al progetto Siamo con voi!, finanziato dalla Fondazione Don Bosco nel Mondo.

La data che ha segnato le vite di Mahdi e Tayeba è sicuramente il 15 agosto del 2021, giorno in cui la città di Kabul è passata sotto il governo dei talebani. Questo avvenimento ha reso necessaria la fuga dal proprio Paese di tutta la famiglia Moshtaq.  Prima di quel momento i coniugi Mahdi e Tayeba vivevano tranquillamente in Afghanistan, abitavano con la famiglia nello stesso condominio ed erano sempre in contatto con i loro cari.  Tayeba è cresciuta in Iran, ma dopo il matrimonio con Mahdi si è trasferita a Kabul, perché lui lavorava per la NATO. Anche Tayeba lavorava, prima in una mensa ospedaliera, poi in una mensa di un istituto medico. Dopo un po’ hanno deciso di aprire una fabbrica tessile, che hanno gestito insieme, fino al giorno della presa di Kabul.  Nel frattempo, la coppia ha avuto due figli, Narges nel 2014 e Amir nel 2017; i bambini erano quindi molto piccoli quando è iniziata la loro fuga dal Paese, sono passati prima da Harat, proseguendo per Dubai per poi arrivare in Italia il 26 gennaio 2022, dove sono stati accolti presso l’Oratorio Sant’Anna di Prato.

Nel suo racconto, Mahdi ripete più volte che non sapevano dove sarebbero stati diretti esattamente, ma l’unica cosa che contava era raggiungere l’Italia, dove avrebbero poi trovato quella che oggi definiscono la loro “seconda famiglia”.  Dopo aver esplicato tutte le procedure per ottenere il permesso di soggiorno, le tessere sanitarie e lo status di rifugiati, aver conseguito la certificazione di italiano di livello A2 e il diploma di terza media, Mahdi ha iniziato a lavorare presso una Cooperativa, mentre Tayeba si prendeva cura dei figli. Nel marzo 2023 Mahdi ha iniziato un tirocinio in un’azienda di  filatura, che da poco si è trasformato in un contratto a tempo indeterminato.

Nel frattempo, la famiglia è entrata nel Sistema di Accoglienza e Integrazione (SAI) di Prato e si è trasferita in una delle residenze del circuito. Nonostante la distanza dal centro don Bosco della città continuano a frequentare l’Oratorio. Tayeba, infatti, sostiene che per loro non è stato solo un’abitazione, ma una vera e propria casa, anche dal punto di vista affettivo. Anche Mahdi ribadisce che le cose più belle, e di cui sono più grati, sono la vicinanza e la gentilezza delle persone che hanno trovato lungo il loro cammino.

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Festa di San Giovanni Bosco 2024: tre interessanti novità ELLEDICI dedicate al santo dei giovani

Si segnalano tre interessanti novità editoriali edite da Elledici in occasione della Festa di don Bosco 2024.

Di seguito le principali informazioni e il rimando alla scheda dei libri sul sito Elledici.

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Né lupi né agnelli – Il sogno di don Bosco a occhi aperti

di Antonio Carriero

Attraverso l’analisi del celebre sogno dei nove anni di San Giovanni Bosco, questo libro rivolto ai giovani invita a riflettere su questioni che toccano tanto l’esistenza umana quanto la vita spirituale.

Da temi come la vocazione e la risposta alla chiamata di Dio, al potere e significato del proprio nome, il libro offre degli spunti per riconoscere ed esercitare i propri talenti e per diventare guide di altri, sempre mantenendo l’umiltà di riconoscersi bisognosi dell’aiuto di Dio.

Interessante e caratteristico è l’approfondimento di ogni passo del sogno di don Bosco, valorizzando alcuni dettagli spesso trascurati.

Ad esempio l’idea di “trasformare i lupi in agnelli” è una metafora che richiede una comprensione più sfumata. È infatti essenziale riconoscere che in ogni persona coesistono due aspetti: quello del lupo e quello dell’agnello ed è necessario trovare un equilibrio tra queste due componenti dell’animo umano.

DETTAGLI

  • Pagine: 104
  • Prezzo: € 10,00
  • ISBN: 9788801068917
  • Codice Elledici: 06891

I Salmi nella pedagogia di don Bosco

Di Morand Wirth

Lo scopo di questo volume è di presentare al lettore una breve riflessione di don Bosco su ciascuno dei centocinquanta Salmi per aiutarlo a pregare meglio questi testi ispirati dallo Spirito del Signore.

Per ogni singolo Salmo è indicata nel titolo una idea guida propria di don Bosco, poi il versetto o alcuni versetti che hanno ispirato la sua riflessione e preghiera. Segue una breve meditazione con alcune citazioni dei suoi scritti o discorsi.

Tra i testi citati di don Bosco l’autore ha dato la priorità a quelli che hanno attinenza con la sua pedagogia.

DETTAGLI

  • Pagine: 160
  • Prezzo: € 6,90
  • ISBN: 9788801068870
  • Codice Elledici: 06887

Don Bosco e il suo stile

Di Natale Cerrato, a cura di Marco Bay, SDB

Questa pubblicazione è la prima di una serie di volumi che intendono raccogliere i contributi dell’autore, il salesiano sacerdote e missionario piemontese don Natale Cerrato, sul periodico “Il Tempio di don Bosco” e sul “Bollettino Salesiano”.

I testi di poche pagine ciascuno evidenziano curiosità su don Bosco, la sua gente, i suoi luoghi, la sua “rete sociale”, alimentando l’immaginazione dei lettori.

DETTAGLI

  • Pagine: 192
  • Prezzo: € 12,00
  • ISBN: 9788801068849
  • Codice Elledici: 06884

Le Giornate di Spiritualità della Famiglia Salesiana approfondiscono l’attualità del Sogno dei Nove Anni

Dall’agenzia ANS.

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Venerdì 19 gennaio le Giornate di Spiritualità della Famiglia Salesiana 2024 sono state dedicate ad un confronto stringente sull’attualità del Sogno dei Nove Anni. Dopo l’inquadramento generale offerto dal Rettor Maggiore nella prima giornata, i quasi 400 partecipanti in presenza a Valdocco (insieme con i 4.000 collegati online) hanno ascoltato testimonianze scelte per comprendere come tradurre nei fatti il contenuto della Strenna. Oltre all’ascolto, anche l’esperienza tangibile delle origini mediante le visite, nel pomeriggio, ai luoghi dove è sorta l’opera di Don Bosco, è stata parte costitutiva di questa giornata.

La mattina si è aperta con una presentazione video della vita di Mons. Giuseppe Cognata, SDB, fondatore delle Salesiane Oblate del Sacro Cuore di Gesù (SOSC): un doveroso omaggio alla ricorrenza di un anno dalla dichiarazione di validità giuridica, da parte del Dicastero per le Cause dei Santi, del processo per la beatificazione del vescovo di Bova (11 gennaio 2023), ma anche l’ esempio di come la risposta ai bisogni di una popolazione abbandonata a sé dal punto di vista spirituale abbia trovato risposta generosa secondo Don Bosco, affidandosi al sogno della creazione, nel periodo fra le due guerre, di una comunità di religiose dedicata ai più poveri nella Calabria.

Tulio Lucca, dell’Associazione di Maria Ausiliatrice, (ADMA) ha poi presentato i quattro protagonisti della tavola rotonda: don Bruno Ferrero, Emilde Cuda (Argentina), don Rafael Bejarano (Colombia) e Blažka Nerkac (Slovenia). A loro il compito di presentare considerazioni ad ampio raggio sul tema del Sogno dei Nove Anni e in seguito di rispondere a una domanda mirata da parte del moderatore.

Molto commossa e coinvolgente la riflessione del Direttore del Bollettino Salesiano d’Italia, don Ferrero. “La vocazione è la cosa più importante che esiste” ha premesso, e quella di Don Bosco deve essere considerata nel contesto in cui si manifestò. “La sua famiglia era povera, la casa dove abitavano era poco più che una tettoia per ripararsi la notte”. Mamma Margherita era pressata dalle difficoltà economiche ed era stata chiamata anche davanti al giudice per qualche debito in corso. Giovannino venne raggiunto da una chiamata che sembra estrarlo da quel contesto per aprirgli una prospettiva assolutamente diversa. Non è una chiamata con possibilità di sottrarsi. Come racconta don Giovanni Battista Lemoyne, primo biografo di Don Bosco, l’avverbio usato per descrivere il tono con cui nel sogno Gesù si esprime è “imperiosamente”: e il ragazzino si mette in movimento, obbedisce al comando “seguimi” senza la certezza del dove. Con il metodo di Maria, tenerezza e mansuetudine, si avvia nel deserto dei giovani del suo tempo. Un deserto che oggi è fatto di aridità dei sentimenti.

Il cammino è faticoso, a volte delude, ma il giovane prete non disarma: come per pagare le spese per i suoi studi andava chiedendo la carità di cibo da portare alla dispensa del seminario, così ha continuato a elemosinare le risorse per servire i suoi ragazzi. Con la stessa modalità di stendere la mano, per loro ha costruito l’oratorio di Valdocco e la Casa di Maria Ausiliatrice. Per questo volgendosi ai presenti, don Ferrero ha raccomandato:

“Ricordiamoci che tutte le volte che entriamo nella basilica dell’Ausiliatrice entriamo nel sogno di Don Bosco. Sappiate che in quel sogno c’eravate anche voi. Quel che ha scritto per descriverlo lo ha fatto per noi”.

Dal passato dal presente, dalla dimensione educativa a quella sociale. Emilde Cuda, docente di scienze politiche e teologa, capo ufficio della Pontificia Commissione per l’America Latina, ha insistito sullo stretto rapporto fra il “sogno” per ciascuno di divenire “immagine di Dio”, all’impegno collettivo di costruire la speranza. È in corso un vasto processo di dialogo fra i giovani universitari di tutti i continenti, voluto dal Papa, proprio per far emergere i loro sogni. Ma ci sono situazioni – come quella espressa da uno studente di Haiti che in un’assemblea ripeteva “non posso sognare” – in cui manca il fondamento della dignità umana. “Non si può vivere senza sognare” ha ribadito la professoressa Cuda, “mentre osserviamo che tecnologie, mondi virtuali e consumismo propongono di andare in direzione di quella che è – come bene descrive lo stesso Francesco con un ossimoro – una comunità individualista”.

Don Bejarano, del Settore per la Pastorale Giovanile, ha sviluppato la sua riflessione sugli aspetti del diventare “umili, forti e robusti”: è un vero e proprio “piano programmatico” per l’intera Famiglia Salesiana. Alla luce del magistero di papa Francesco, esso si rende capace di andare anche oltre l’ambito del carisma di Don Bosco per diventare stile e strategia dell’intera Chiesa contemporanea. Laddove si manifestano delle “crepe”, il richiamo a “Giovannino del sogno” consente di provvedere alla saldatura: personalismo, genericismo, attivismo, disintegrazione, improvvisazione sono fenditure del servizio ai giovani che si curano con la comunità, il confronto, lo studio, la condivisione. Progettare insieme e non assemblare risposte diverse, per non trovarsi con un modello che unisce artificiosamente intenzioni divergenti, è la sfida di questo momento.

Blažka Merkac, collaboratrice delle Figlie di Maria Ausiliatrice con compiti educativi con i giovani in maggiore difficoltà, ha presentato la sua esperienza come esemplificazione del cammino che possono compiere anche i laici avvolti dal carisma salesiano. A lei è accaduto che tutto sia nato da un campo estivo ispirato alla vita di Laura Vicuña: un semplice invito è diventato vocazione, passando attraverso l’intervento di più di un “pastore” che “mi ha guidato lasciandomi comunque la libertà di scegliere, alla fine, quale strada seguire”. Una suora ha riconosciuto in lei un cuore salesiano. Il difficile equilibrio fra rispetto della persona e il suo bisogno di essere aiutata ad orientarsi nella vita è la qualità dell’educatore, che i ragazzi sanno cogliere: “Apprezzano l’onestà, l’autenticità, il non essere falsi. Riconoscono immediatamente chi è con e per loro” ha sottolineato.

Le Figlie di Maria Ausiliatrice sono state al centro anche della successiva testimonianza video del gruppo degli Exallievi FMA. “Mani nel mondo, radici nel cuore” la frase (e il gesto) che rappresentano lo spirito di Madre Mazzarello declinato anche nel presente. Quando don Filippo Rinaldi pose la pietra fondante di questa associazione, si individuò il terreno di azione nell’attività formativa, nella cura sanitaria, in tutto ciò che oggi è considerato attuazione dei diritti umani. Sull’esempio di Mamma Margherita, colei che non solo riconobbe nel sogno di Giovanni la vocazione, ma che aiutò anche ad accoglierla.

I cento modi di tradurre il “sogno” nella realtà educativa, con la Famiglia Salesiana protagonista in tutto il mondo

Dal sito infoANS.

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Il fermento del lavoro fra gli oltre 350 partecipanti alle Giornate di spiritualità salesiana (ai quali si aggiungono ogni giorno “visitatori”, appartenenti e amici delle comunità di Valdocco) si è espresso bene nella terza giornata in programma, sabato 20 gennaio. Si sono infatti formati i gruppi che a rotazione hanno ascoltato, in presenza o via web, le testimonianze di giovani provenienti da tutto il mondo, al mattino; mentre il pomeriggio è stato dedicato alla visita ai luoghi salesiani delle origini.

I momenti di gruppo sono un elemento fondamentale delle Giornate di Spiritualità” ha sottolineato don Joan Lluis Playà, Delegato Centrale del Rettor Maggiore per il Segretariato per la Famiglia Salesiana, “sono un’occasione per incontrarsi, conoscersi, scambiarsi esperienze e soprattutto arricchirsi carismaticamente”.

Destinatari del sogno di Don Bosco sono i giovani, e la riflessione è finalizzata a impostare e a monitorare il servizio ad essi dedicato. Con una marcia in più: quella che gli stessi giovani diventino creativi e propositivi. Non a caso l’immagine che il Santo ha lasciato ai suoi figli prevede “agnelli” che diventano “pastori”, ed è questa la dinamica costante dell’esperienza dell’oratorio: i “lupi” radunati e accolti con amorevolezza diventano coloro che incarnano la vita nuova in Gesù, se ne fanno “testimonial” agli occhi degli altri giovani e affrontano – con una competenza che deriva dalla loro esperienza – le frontiere dell’azione educativa.

È il caso, ad esempio dell’Ecuador, dove in quarant’anni più di 2.500 giovani sono stati inviati a svolgere la missione in diverse comunità salesiane e in quelle di altre congregazioni del Paese. Il ruolo dei volontari è di aiutare le realtà in cui si inseriscono, come ad esempio le piccole comunità sparse sulle montagne o nella foresta: qui la condizione giovanile è particolarmente delicata per la tensione costante fra la permanenza nei villaggi e l’attrazione delle grandi città, nel confronto costante fra la salvaguardia dei loro ambienti e delle loro etnie di fronte alla modernizzazione e l’espandersi delle altre culture. Il programma del “Volontariato Missionario Salesiano” ecuadoriano è espressione congiunta di tre gruppi: i Salesiani di Don Bosco, le Figlie di Maria Ausiliatrice e le Figlie dei Sacri Cuori di Gesù e Maria. È affidato alle competenze personali, alle capacità fisiche e intellettuali dei giovani partecipanti. Non si tratta solo di compiti di “animazione” ma di vero accompagnamento nella cura e nella formazione di bambini e giovani in situazioni di rischio e vulnerabilità, e di annuncio della Parola di Dio attraverso la catechesi.

Dalla Spagna è stata offerta l’esperienza della “Fondazione Progetto Don Bosco”, che ha dato vita al “Progetto Buzzetti” per giovani fra i 18 e i 29 anni, che si trovano in una situazione di svantaggio e di rischio sociale. Una situazione ricorrente è quella dei ragazzi, affidati ai Centri di Protezione e di Giustizia Minorile, i quali, alla loro uscita al compimento della maggiore età si ritrovano senza una casa che li accolga e risorse per vivere. L’attività compie 15 anni nel 2024 ed è arrivata dare ospitalità e presenza educativa a un centinaio di giovani; dispone di 22 appartamenti protetti e ha ricevuto riconoscimenti importanti come quello della “Asociación Pro Derechos Humanos de Andalucía”. Il progetto è sorto in una città del sud della Spagna, a Jaén, e da lì si è esteso nella regione e anche nelle sole Canarie, godendo in alcune case di una protezione internazionale a tutela degli ospiti.

Chean è un nome frequente in Cambogia, e il cognome Samnang è anche piuttosto diffuso in quel Paese. Un importante giocatore di calcio e un attore, ad esempio, si chiamano proprio così: come un giovane che ha portato la sua testimonianza alle Giornate.

“Da ragazzo non avevo speranze, ma da quello sono diventato chi sono oggi, una persona che ha le capacità giuste per lavorar nella società”.

Chean Samnang, uno fra i tanti, ragazzo che aveva difficoltà a trovare la sua strada, ha incrociato il sogno di Don Bosco. Grazie alla fondazione che porta il nome del Santo, sono migliaia i ragazzi e le ragazze della Cambogia che possono intravedere un futuro che non sia di anonimato. Quasi 4.000 sono coloro che frequentano i precorsi formativi di base, che per primo punto stabilisce l’assicurazione di un pasto ordinario completo. Il “riso fortificato” è forse dapprima un’attrattiva per i bambini di famiglie povere, ma poi a fortificarsi sono lo spirito e la volontà di questi. La scuola di formazione propone specializzazioni compatibili con la realtà di Phon Phen, la capitale, e delle altre città in cui gli allievi potranno presentarsi ai datori di lavoro con un titolo appetibile. Chean ha trovato il suo spazio in una importante Casa automobilistica.

Con la carrellata della Famiglia Salesiana sulle esperienze di punta, i partecipanti alle Giornate di spiritualità 2024 sono tornati in America latina, a El Salvador. Qui l’intervento si gioca nella realtà e nel web, con un’opera digitale ed una famiglia che si chiamano “Essales”.

L’esperienza cammina nella sinodalità, impregnando la vita quotidiana delle persone con la forza del carisma salesiano. Il programma di Don Bosco fu strettamente condiviso da Maria Mazzarello, e le Figli spirituali della Madre hanno ideato – per un Paese fra i più carichi di violenza armata e percorso da grandi fenomeni migratori – uno spazio che va dal “sogno” costituito dal mondo virtuale alla concretezza di una formazione spirituale diffusa, diretta a coloro che si prendono cura dei bambini e dei giovani. “L’obiettivo è rafforzare lo spirito di questi attori dell’azione educativa e spirituale”, come ha spiegato suor Ana Beatriz Solito.

Un tuffo nella giocosità di Valdocco delle origini è il richiamo al Giovannino funambolo e giocoliere nella campagna di Castelnuovo e poi prete nella periferia di Torino. A Trapani, in Sicilia, è attiva una giovane prestigiatrice che sul palco porta il nome di fantasia “Gascar”. Si tratta di Rita Sofia, una consacrata del movimento Testimoni del Risorto. Da più di quindici anni porta il messaggio dell’uguaglianza e dei diritti umani, alle platee non solo italiane, guardando al Madagascar, dove sono attive le missioni salesiane a favore di una popolazione poverissima.

Laggiù la magia non esiste, ciò che sembra inspiegabile è solo un gioco” spiega la performer, allieva di “Mago Sales”. “Con i miei spettacoli intendo arrivare a dire che solo il dono è magia”.

Mostra giochi di prestigio che incantano e fanno “sognare”, mentre portano concreta solidarietà a migliaia di chilometri di distanza.

Quasi evocato da questa testimonianza, infine, c’è stato in teatro, alla sera, un ricco spettacolo costruito con le esibizioni di molti dei gruppi di provenienza.

-Antonio R. Labanca