48° Settimana Sociale a Cagliari

“Il lavoro che vogliamo: libero, creativo, partecipativo e solidale” questo il tema scelto per la 48° Settimana Sociale dei Cattolici appena conclusasi a Cagliari, pensata come prosecuzione ideale dell’impegno che Papa Francesco aveva affidato alla Chiesa Italiana durante il quinto Convegno Ecclesiale Nazionale di Firenze di avviare un approfondimento della Evangeli gaudium: …nel lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale, l’essere umano esprime e accresce la dignità della propria vita…” (Francesco, Evangeli Gaudium, 192).

La Settimana Sociale dei Cattolici, nata all’inizio del ‘900 (1907) in Italia, non vuole essere un “evento” o un convegno, ma sancire il “momento d’inizio di un processo” o quantomeno del “cambio di passo”: “…sulla realtà del lavoro si gioca il futuro di una Società ed anche la responsabilità dei cattolici nella costruzione del bene comune” questa è stata la conclusione dell’Instrumentum Laboris per la Settimana Sociale di Cagliari.

Si suggerisce la lettura dell’articolo apparso su “L’ancora” del 12 Novembre 2017  a margine della Settimana Sociale:

La 48ª settimana sociale dei cattolici italiani

Riflessioni e proposte

L’eco della Settimana sociale dei cattolici italiani che si è tenuta a Cagliari la scorsa settimana si va già attenuando ed allora è importante che le proposte emerse vengano concretamente diffuse e sviluppate nelle diocesi e nella società. Si tratta di proposte concrete incentrate sul tema del lavoro, frutto di una preparazione scrupolosa dell’evento (il comitato scientifico voluto dalla CEI era composto da sacerdoti e laici, esperti e tecnici di risonanza nazionale ed internazionale accumunati dalla fede) in cui accanto e spesso prima delle statistiche e delle teorie economiche o sociologiche si è dato conto di esperienze e di volti di persone; di una regia accurata delle giornate caratterizzate da un confronto appassionato e sinodale fra tutti i delegati, dalla preghiera e dalla liturgia da relazioni, mostre ed interventi ricchi di contenuti e sempre ancorati alla realtà (i giornali, in particolare Avvenire e la televisione, in particolare Tele 2000, ne hanno dato ampia informazione); di una sintesi finale che ha evitato i discorsi generici per assumere una dimensione insieme pastorale e politica con la consegna in diretta al Presidente del Consiglio italiano, Gentiloni, e del Parlamento europeo, Tajani, di un articolato pacchetto di richieste specifiche (le proposte cantierabili) per la difesa e lo sviluppo del lavoro insieme ad un simbolico metro, per indicare che i cattolici ed i loro pastori misureranno attentamente l’impegno e gli atti dei parlamenti italiano ed europeo e del governo nazionale. La frase conduttrice della 48ª settimana sociale dei cattolici italiani era “Il lavoro che vogliamo: libero, creativo, partecipativo e solidale”. Ispirandosi alla concezione cristiana del lavoro, che attingendo alla bibbia e al magistero della chiesa lo considera connaturato alla natura dell’uomo che partecipa al progetto creativo di Dio e lo prolunga nella storia, si sono analizzate le buone pratiche ma pure gli aspetti più indegni del mondo del lavoro e dell’economia, anche attraverso testimonianze dirette. Uno degli aspetti più dibattuti è stato quello dei giovani, scuola, formazione, lavoro. Non stupisce, in Italia la disoccupazione giovanile tocca mediamente il 40% e le esperienze che sono state portate hanno toccato davvero i cuori di tutti. Ma sono le stesse esperienze che facciamo nei nostri paesi, nelle nostre parrocchie e comunità, nelle nostre famiglie. Da una lettura che ha accomunato tutti i delegati d’Italia sono emersi vari fattori di crisi fra cui: la solitudine e la difficoltà dei giovani di fronte al mondo del lavoro e alle sue evoluzioni tecnologiche; l’incapacità del sistema scolastico ma anche della politica, delle famiglie e dei mass media di orientare i ragazzi verso percorsi scolastici e formativi tecnici e professionali (ad esempio, la scuola italiana ha visto negli ultimi 10 anni dimezzarsi il numero dei diplomati tecnici ma il mercato del lavoro ci informa che alle imprese mancano 250.000 tecnici); la mancanza di un patto generazionale per cui, ad esempio, nei nostri territori non nascono o non si sviluppano imprese che possano occupare i giovani ma allo stesso tempo i depositi bancari hanno numeri da capogiro e questa ricchezza, per lo più detenuta da ultracinquantenni, non viene utilizzata per finanziare lo sviluppo ma solo per ottenere facili rendite; la situazione dei Centri per l’impiego che non riescono adeguatamente a prendersi carico dei giovani in cerca di occupazione; la frammentarietà dell’ informazione e la carenza di cultura imprenditoriale e di strutture e sevizi per sostenere i giovani che vogliono intraprendere nuove attività economiche; la piaga dei giovani che abbandonano l’Italia per trovare lavoro all’estero. Insomma, un campo vasto di criticità rispetto al quale però non basta l’analisi e la denuncia, ma bisogna anche e soprattutto proporre e agire, prendendo come riferimento le buone pratiche (le cooperative sociali, le imprese che puntano sul capitale umano, la formazione professionale di qualità come quella dei centri salesiani, l’alternanza scuola lavoro, l’apprendistato,..) che si stanno sviluppando in tutta Italia e investendo tanto anche nella formazione delle coscienze dei cattolici e nell’azione politica. Forse qualche gesto profetico aiuterebbe, ci guiderà in questo il discernimento personale e comunitario alla luce del magistero della chiesa e delle nostre personali esperienze e competenze. Mi permetto di suggerirne alcuni con specifico riferimento al mondo giovanile: finanziare tirocini formativi e di orientamenti di giovani diplomati e laureati attraverso la raccolta di fondi nei periodi forti dell’avvento e della quaresima, promuovere incontri fra tutti gli attori del mondo del lavoro e della formazione professionale nelle varie zone della diocesi per stimolare l’esigenza di fare rete, creare centri per l’informazione e l’accompagnamento al lavoro dei giovani attraverso la formazione di giovani appositamente preparati a questo compito, sostenere gli oratori che diventano anche laboratori.